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TRENTO. Mario Tonina è il nuovo assessore provinciale alla Sanità. Lui sta già entrando nella parte. Arriva dopo Stefania Segnana e dovrà risolvere diversi gravi problematiche. Assessore, chi glielo ha fatto fare? “Al di là della situazione attuale, ma storicamente si sono scottati tutti, con la sanità”.
Più di un assessore in passato è finito toncato alle Vigiliane. “Io ho 65 anni, questa è la mia ultima legislatura con un impegno così importante. Di fronte ad una richiesta del mio presidente, ho pensato di essere pronto per questa sfida. Consapevole che l’assessore da solo non fa niente, la sanità è il frutto dell’impegno di tante persone”.
E allora da cosa comincerà a lavorare l’assessore Tonina?
“Prima di lavorare bisogna imparare, confrontarsi. Io ero in giunta, sentivo le istanze che portava la collega, che ringrazio per il lavoro svolto in un periodo davvero difficile. Ma fin da subito ho bisogno di confrontarmi con il dirigente Ruscitti, con il direttore dell’Apss, con tutti. È l’unico modo serio di iniziare”.
L’ordine degli infermieri accoglie la Sua nomina garantendo collaborazione.
”Questo è molto positivo e ringrazio. Io credo che solo con il confronto si possono affrontare determinati problemi. Anche perché nella sanità ancora più che in altri settori, la differenza la fanno le persone. Dal primario all’Oss, dall’infermiere agli inservienti, ognuno nel suo ruolo può fare la differenza. E questo è un riconoscimento che faccio loro ancor prima di conoscerli, perché lo hanno dimostrato nel periodo del Covid, quando si sono sobbarcati orari di lavoro impossibili”.
Ha fatto riferimento al personale. C’è un tema di difficoltà crescente a trovare dipendenti. Qualche idea su come uscirne?
“Prima di tutto serve capire perché personale qualificato sceglie di andare via. Serve capire se il problema è economico o se c’è altro. Poi si valuta cosa fare. E credo che nonostante il problema possa esserci ovunque, in un a Provincia autonoma dobbiamo essere ancora più attenti alle richieste”.
Quando si parla di sanità, si parla di servizio pubblico, ma sempre più spesso si fa ricorso al privato. Dal punto di vista politico, quasi ideologico, come si pone lei su questo tema?
La sanità è incentrata sul pubblico. Gli ospedali devono dare le risposte che servono. Ma sul territorio abbiamo anche strutture private, convenzionate, che a loro volta garantiscono servizi e spesso assicurano una mobilità attiva che aiuta. E in certi momenti, di fronte ai ritardi che possono esserci stati nell’accogliere i pazienti, dopo il Covid, se non ci fossero stati i privati molte persone sarebbero andate fuori provincia. Credo che un equilibrio si possa trovare, la sanità ha dei costi, qualche riflessione va fatta. Soprattutto serve una maggior sinergia, nell’interesse comune”.
Capitolo Rsa. C’è il tema posti che mancano e quello dei costi. E i trentini invecchiano. Servono nuove strutture?
“Le Rsa fanno un servizio fondamentale, ma per il futuro dovremmo immaginare anche servizi alle persone per poterle tenere più a lungo possibile dentro le loro case”.
Ha fama di mediatore. Dote utile anche in maggioranza vista l’aria che tira?
“Il mio percorso politico è frutto di dialogo, confronto. Continuerò a portarlo sia dentro il Consiglio che, se serve, in maggioranza”.
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