che fine fanno i “pagherò” degli italiani

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Il Superbonus 110% non c’è più ma i suoi effetti pesano ancora sulle casse dello Stato e sui conti di cittadini e imprese. I crediti fiscali generati dall’agevolazione sono un problema e non a caso vengono definiti “incagliati”. Dopo aver smantellato il celebre bonus per l’efficientamento energetico, il governo Meloni ha scaricato la questione dei crediti alle Regioni. Decine di consigli regionali stanno infatti approvando leggi per far acquistare alle proprie aziende partecipate i crediti di imposta legati al Superbonus. Ci sono poche informazioni su qualità e quantità dei crediti circolanti, ma conosciamo lo stato di salute di queste aziende e, in generale, non è buono. Due i casi pilota: Basilicata e Lazio. Sullo sfondo, i dati della Corte dei Conti. Ne abbiamo parlato con Luigi Marattin, deputato di Italia Viva.

Alle Regioni i rischi del Superbonus: in pancia alle partecipate i debiti degli italiani

La Regione Basilicata è stata l’apripista in materia di cessione dei crediti fiscali del Superbonus. Con la legge numero 20 del 16 luglio 2023 il consiglio regionale ha deciso che “gli enti pubblici economici regionali e/o società partecipate […] controllati […] assumono un ruolo attivo nella circolazione dei crediti fiscali”. Tradotto: le aziende partecipate della Regione – tranne quelle inquadrate come facenti parte della Pubblica amministrazione – acquisteranno i crediti fiscali “bloccati” del Superbonus e di altri bonus edilizi. 

Una legge simile poteva entrare in contrasto con la normativa nazionale, il decreto legge 16 febbraio 2023, che escludeva le pubbliche amministrazioni dall’acquisto di crediti di imposta. Il governo ha infatti la facoltà di impugnare le leggi regionali per sollevare una “questione di costituzionalità” e poi dirimerla davanti alla Corte Costituzionale. Ma in questo caso non è successo: dopo il Consiglio dei Ministri del 18 settembre 2023 Palazzo Chigi ha annunciato di non volere impugnare la legge in questione. Di fatto, la decisione ha rappresentato un precedente che ha poi permesso ad altri consigli regionali di fare la stessa cosa. 

Dopo la Basilicata anche le Regioni Puglia e Lazio hanno approvato le loro leggi per far acquistare crediti alle partecipate. I consigli regionali di Campania, Umbria, Calabria, Piemonte, Veneto, Lombardia, Sicilia, Liguria, Calabria e Abruzzo ne stanno discutendo o hanno già approvato il progetto di legge da far approvare alle rispettive assemblee. 

Come funziona l’acquisto dei crediti del Superbonus nelle Regioni: il caso Lazio

Anche la Regione Lazio ha approvato la sua legge sull’acquisto dei crediti legati alle agevolazioni edilizie. Come si può vedere dal confronto sotto, il testo è sovrapponibile a quello della Regione Basilicata.

Le leggi di Basilicata e Lazio per la cessione dei crediti del Superbonus

Ma vediamo come funziona il meccanismo nel concreto. La Regione Lazio consente agli Enti sotto il proprio controllo di acquistare crediti fiscali dal mercato, grazie all’uso e al supporto di “banche e istituzioni finanziarie”, a due condizioni: 

  • I crediti devono derivare da interventi con bonus edilizi vari, come il Superbonus; 
  • I lavori devono essere stati effettuati da imprese con sede legale e operativa nella Regione, su immobili dello stesso territorio. 

La Regione Lazio realizzerà un portale da cui sarà possibile monitorare e acquistare i crediti disponibili, “innestando un circuito virtuoso che, consenta in modo regolamentato e senza speculazioni la cessione di tutti crediti fiscali di aziende e famiglie alle migliaia di imprese che potrebbero usufruirne”.

La legge approvata prevede che saranno gli “enti pubblici economici regionali aventi natura di enti strumentali controllati dalla Regione, nonché le società da essa controllate non incluse nell’elenco delle amministrazioni pubbliche” ad acquistare i crediti bloccati. Di quali enti parliamo? Lo schema sotto riporta l’elenco delle aziende di proprietà della Regione Lazio e in quali percentuali.

Le partecipate della regione lazio che acquistano i crediti fiscali incagliati

Tra queste c’è Astral, che si occupa di gestire 1.500 chilometri di strade e ferrovie nel Lazio, e Cotral, che si occupa del trasporto pubblico locale e di linee di treni come la Roma-Lido e la Roma-Viterbo. Entrambe sono controllate al 100 per cento dalla Regione Lazio. La legge poi specifica che l’acquisto dei crediti avviene in ogni caso a condizioni di mercato e, comunque, “entro un prezzo non superiore al valore nominale del credito”. In più, queste misure non daranno “nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale”. 

Marattin: “Si sta affermando un principio pericoloso”

Cosa succede in concreto a queste aziende partecipate che acquistano i crediti? In teoria liberano spazio in bilancio, perché poi detraggono dalle tasse le somme acquistate dal mercato dei crediti. Ma potrebbero esserci dei rischi consistenti che riguardano la collettività, perché questi enti forniscono un servizio basando le loro risorse in buona parte su fondi pubblici. “Il costo-opportunità è molto alto a mio modo di vedere – dice Luigi Marattin a Today.it -. Queste aziende impiegano comunque liquidità, quella che serve per acquistare i crediti. E mediamente non è che siano società che brillano per situazione finanziaria”.

Un esempio: “Tra le partecipate della Regione Lazio che potranno accollarsi quei crediti ci sono società che gestiscono servizi di trasporto il cui livello è ormai quello dei paesi in via di sviluppo, con disagi enormi per passeggeri e pendolari. Sorge allora naturale chiedersi come mai queste società, invece di impegnarsi a migliorare il servizio agli utenti, facciano il ‘collettore’ di crediti edilizi con i soldi degli utenti e dei contribuenti delle varie regioni”.

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C’è il rischio che le aziende partecipate delle regioni si accollino dei crediti che poi non valgono nulla: “È un rischio, certo, ma – fa notare Marattin -, si sta affermando un principio pericoloso: che le società partecipate, invece di concentrare ogni sforzo nell’aumentare la qualità del servizio che offrono (che spesso è scandaloso) possono essere usate come strumento di pulizia di sistema. In generale, se il governo ritiene che occorra ‘pulire’ il sistema dai crediti incagliati, trovi una soluzione e non lasci fare il lavoro sporco alle società partecipate.”

Sulla salute finanziaria di queste aziende ci sono i dati della Corte dei Conti: nel rapporto sul tema si legge che, nel complesso, i debiti delle società controllate ammontano a 42,8 miliardi di euro, mentre i crediti sono 24,2. Da sola la Regione Lazio pesa per quasi il 10 per cento, con oltre 4 miliardi di debiti e 1,6 miliardi di crediti. 

I debiti e i crediti delle aziende partecipate: la tabella della Corte dei Conti

Ma è interessante notare quanti di questi crediti e debiti delle partecipate siano nei confronti dei loro partecipanti, cioè verso le Regioni stesse. Prendendo come esempio sempre il Lazio, il rapporto è del 70 per cento, come si vede dal grafico sotto: è la più alta esposizione in Italia.

Debiti e crediti delle partecipate nei confronti delle RegioniTuttavia, oltre alla questione di come contabilizzare nel bilancio statale i crediti sollevata da Eurostat, non è chiaro a quanto ammontino i crediti in circolazione: “Solo il governo può avere stime efficaci sulla reale dimensione di questo problema e, quindi, sul reale impatto sulla dinamica del debito – dice Marattin a Today.it – ma si guarda bene dal fare e pubblicare le stime sul problema”.

Quanti sono davvero i crediti incagliati: la risposta del Mef

L’assenza di dati certi è parte del problema: non si sa quanti siano i crediti fiscali dei bonus edilizi in circolazione. Di certo non si parla di cifre sotto le decine di miliardi di euro: ad esempio, la Regione Lazio stima che solo sul proprio territorio siano tra i 4 e i 6 miliardi di euro. Sul dato nazionale conosciamo solo le informazioni riportate dalla sottosegretaria del Ministero dell’Economia Lucia Albano. 

Nella tabella presentata dal ministero dopo un’interrogazione alla Commissione Finanze della Camera dei Deputati si legge che in tre anni i bonus edilizi hanno raggiunto 160 miliardi di euro di spesa: 105 miliardi di euro sono del Superbonus. 

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Come si vede dalla tabella sotto mostrata dal Ministero dell’Economia in audizione, i crediti utilizzati finora in compensazione tramite modello F24 sono arrivati a 25,5 miliardi di euro, mentre le rate nel 2023 sono di 18,8 miliardi: vuol dire che ne mancano ancora 135 da smaltire.

Quanti sono i crediti fiscali e i costi del Superbonus nel 2023

Ma sui crediti edilizi incagliati il Mef ha riconosciuto che non “è possibile determinare con sufficiente attendibilità la capacità di un certo soggetto di assorbire in compensazione i bonus edilizi ai fini del pagamento dei propri debiti fiscali e contributivi, in quanto ciò dipende da caratteristiche peculiari soggettive e propensioni individuali che non sono note”. In sintesi: non si sa.

In più, non è possibile determinare “la quota di crediti ancora classificati come incagliati in quanto l’Agenzia delle entrate non è a conoscenza delle motivazioni per cui un certo credito non venga ceduto a terzi; in altre parole, non è noto se il soggetto detenga il credito per scelta consapevole, oppure perché non possa utilizzarlo in compensazione tramite modello F24 o non trovi altri soggetti disponibili ad acquistarlo”.

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Intanto, dopo il 30 novembre scade la possibilità di regolarizzare la cessione dei crediti: in caso contrario queste somme verranno considerate “non pagabili” con ricadute negative sulle casse dello Stato. C’è il rischio che il sistema si blocchi ulteriormente: in questo contesto stanno per entrare in gioco centinaia di aziende partecipate delle Regioni. 

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