Alimentazione nello Spazio, la sfida degli ecosistemi artificiali

admin
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Barbara Negri, responsabile del settore Volo Umano e Sperimentazione Scientifica dell’Agenzia Spaziale Italiana, ha delineato una visione ambiziosa per le prossime missioni spaziali dirette verso la Luna e Marte. L’obiettivo principale è la creazione di ecosistemi artificiali direttamente sul posto, capaci di sostenere la coltivazione e la produzione di cibo in ambienti estremi e ostili come quelli presenti su questi corpi celesti. Questa prospettiva è stata presentata durante un convegno tenutosi oggi a Roma, organizzato dall’ASI, che mira a promuovere un dialogo proficuo tra il mondo della ricerca e quello dell’industria sul futuro dell’alimentazione e della produzione alimentare nello Spazio. La sfida è enorme, ma il lavoro collaborativo e multidisciplinare potrebbe portare a soluzioni innovative che renderanno possibili le missioni umane a lungo termine su altri mondi.

La ricerca in questo settore avrà ricadute positive immediate anche sulla Terra“, ha affermato Negri. “Le tecniche sviluppate per lo Spazio permetteranno di consumare meno acqua ed energia, di mettere a punto agricoltura in serre molto meno ingombranti, ma anche di migliorare le tecniche di conservazione del cibo, il packaging ed il riciclo degli scarti“.

La produzione di cibo nello Spazio, che sia sulla ISS, sul nostro satellite o sul Pianeta Rosso, deve fare i conti con una serie di fattori che condizionano e limitano enormemente la vita dell’uomo in questi ambienti. “Il primo problema sono le radiazioni, seguite dall’isolamento e confinamento in ambienti ristretti e dal distacco dai ritmi terrestri“, ha evidenziato Negri. “A questi si aggiungono la distanza dalla Terra, che crea enormi problemi di logistica, la mancanza della gravità, e anche l’ostilità dell’ambiente in termini di temperature, pressione atmosferica, luce e rumore“. Negri ha sottolineato inoltre che il cibo e l’alimentazione sono legati direttamente o indirettamente a tutti questi fattori. “Dobbiamo prepararci, avere una visione di come stanno andando le cose e di come andranno nel futuro, in modo da potenziare quei campi di ricerca e quelle tecnologie che guidano lo sviluppo. Quello che manca in questo momento è la messa a fattor comune: abbiamo le conoscenze e le competenze ma sono scollegate,” ha concluso l’esperta.

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