Tumore al pancreas: in 8 casi su 10 è scoperto tardi; chi rischia di più, i sintomi da non trascurare- Corriere.it

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di Vera Martinella

Questa neoplasia ha ancora il tasso di sopravvivenza più basso tra tutte le patologie oncologiche, ma se la diagnosi avviene agli stadi iniziali le prospettive migliorano molto

«Quanto pesano 80 grammi?» È una domanda-trabocchetto quella scelta per la campagna di sensibilizzazione sul tumore del pancreas, di cui si celebra la Giornata Mondiale il 16 novembre. Se 80 grammi in assoluto non sono certo molti, pochi sanno che tale è il peso medio del pancreas, piccolo organo situato nell’addome, dietro lo stomaco, grande circa 15-20 centimetri. Questo etto scarso assume allora un’importanza decisamente maggiore se si considera che svolge due funzioni fondamentali per il nostro corpo: produce ormoni come l’insulina e il glucagone, che regolano il livello di zuccheri nel sangue, e secerne enzimi per la digestione degli alimenti. Ancora più rilevante è il peso del pancreas se si ammala, specie se la patologia in questione è il cancro. Lo stesso che ha segnato il destino di personaggi illustri, come il calciatore Gianluca Vialli (ne abbiamo scritto qui), il tenore Luciano Pavarotti, l’attore Patrick Swayze e il co-fondatore di Apple Steve Jobs. 

Attenti a questi sintomi

Aggressivo e ancora difficile da combattere, il tumore del pancreas ha purtroppo il tasso di sopravvivenza più basso tra tutte le patologie oncologiche: a cinque anni dalla diagnosi è vivo, in media, il 10-12% dei pazienti. Una percentuale ben distante dall’88% del tumore al seno, ad esempio, o dal 90% di quello alla prostata. Un triste primato dovuto in gran parte alla diagnosi tardiva: «In otto casi su dieci la neoplasia viene scoperta in stadio avanzato, limitando le possibilità di trattamento – spiega Silvia Carrara, presidente dell’Associazione Italiana Studio Pancreas (Aisp) e gastroenterologa all’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Milano -: molti dei sintomi precoci sono infatti aspecifici e spesso associabili anche ad altri tipi di patologie, ma una diagnosi precoce può invece consentire buone possibilità di sopravvivenza». Quali sono i segnali da non trascurare? È bene parlare con un medico, senza temporeggiare troppo, in caso di dolore alla parte alta dell’addome, ittero (colorito giallastro della pelle e degli occhi) e prurito, perdita improvvisa di peso e appetito,  difficoltà digestive, cambiamento delle abitudini intestinali (feci molli e untuose), comparsa improvvisa del diabete in un adulto senza fattori di rischio specificidolore in mezzo alla schiena

Chi rischia di più

Proprio sulla diagnosi precoce puntano, in occasione della Giornata mondiale, Fondazione Nadia ValsecchiAssociazione Oltre la Ricerca ODV, realtà che da anni si occupano di sensibilizzare la popolazione, supportare la ricerca sul tumore al pancreas ed assistere i pazienti e le loro famiglie nei percorsi di diagnosi e di trattamento. Le associazioni hanno infatti avviato una collaborazione con Federfarma e con la Società Italiana di Medicina Generale (Simg), per sensibilizzare la popolazione e le istituzioni sulla necessità di fare di più per individuare un numero maggiore di casi in stadio iniziale e attivare percorsi di sorveglianza nelle persone a maggior rischio di tumore del pancreas. Fumo chili di troppo (soprattutto l’obesità)aumentano il rischio di ammalarsi, così come il diabete e la pancreatite cronica (uno stato d’infiammazione permanente fra le più gravi conseguenze di un abuso cronico di alcol) e l’essere portatori di una mutazione dei geni BRCA. «A oggi sono poche le strutture che hanno attivatoprotocolli di sorveglianza attiva per i soggetti ad aumentato rischio di sviluppare la patologia o Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA) standardizzati – dice Federica Valsecchi, presidente di Fondazione Nadia Valsecchi –. Mancano risorse e strategie a questo dedicate da parte del Servizio Sanitario Nazionale, così come andrebbero implementati a livello europeo i fondi dedicati alla ricerca scientifica su questa patologia». 

L’utilità della sorveglianza

Servono più investimenti per migliorare le speranze di chi si ammala, perché qualcosa ha iniziato a muoversi: seppure pochi e lenti, anche nel tumore al pancreas i progressi negli ultimi anni ci sono stati. «L’aspettativa di vita, che era per lo più di pochi mesi, per un numero crescente di malati che oggi si riescono a operare arriva anche fino a tre anni – ricorsa Silvia Carrara -. Oggi sappiamo che alcuni gruppi di persone sono più a rischio di sviluppare la malattia per familiarità (presenza di più casi di tumore al pancreas in famiglia) o perché sono portatori di mutazioni a geni quali BRCA, CDKN2A e altri coinvolti anche nello sviluppo del tumore del pancreas. Studi recenti dimostrano inoltre che la presenza di diabete di recente insorgenza, o di vecchia data non più ben compensato con la terapia in uso, è un altro importante fattore che deve allertare chi segue il malato a una scrupolosa valutazione del pancreas. L’evidenza degli studi pubblicati in letteratura dimostra che l’identificazione di particolari categorie di soggetti a rischio e la sorveglianza condotta con i giusti mezzi, e con la tempistica corretta, può portare a diagnosi precoci e di conseguenza ad una più elevata percentuale di casi operabili e a una più alta sopravvivenza dei malati».  «Occorre sviluppare strategie di presa in carico dei pazienti sul territorio in modo da garantire equità delle cure e il “diritto alla salute” su tutto il territorio nazionale – dice Francesca Gabellini, presidente di Oltre la Ricerca ODV –. Gli inderogabili doveri di solidarietà sociale sanciti dalla nostra Costituzione si attuano anche con la messa in campo dei livelli essenziali di assistenza, che dovrebbero essere garantiti ovunque secondo criteri di uniformità attraverso un intervento di regolazione da parte dello Stato». 

Terapie in mani esperte

Ogni anno in Italia si registrano oltre 14.500 nuovi casi di tumore del pancreas, la maggior parte dei quali in persone fra i 60 e gli 80 anni. E i numeri sono, purtroppo, in aumento.  Da tempo però gli specialisti sottolineano l’importanza di rivolgersi un centro di riferimento nella diagnosi e nel trattamento delle neoplasie pancreatiche perché, come hanno dimostrato studi e statistiche, l’esperienza del chirurgo fa la differenza, così come la collaborazione fra vari esperti. «Il percorso per la diagnosi ed il trattamento del tumore del pancreas è molto complesso, e richiede, oltre alle risorse tecnologiche adeguate, la presa in carico da parte di un team multidisciplinare che racchiuda in sé tutte le competenze specialistiche che si occupano di pancreas – precisa la presidente Aisp, Carrara -. La creazione di un percorso standardizzato di diagnosi e trattamento, e di un coordinamento a rete fra i centri esperti (chiamati Hub) e quelli meno esperti (spoke) è fondamentale per garantire cure più adeguate ai malati». Se l’operazione va fatta solo in centri con determinati requisiti, dove si concentrano più mani esperte, la chemioterapia resta ancora oggi un’arma importante e, sostanzialmente, le possibilità di guarigione definitiva dipendono dalla sua capacità di distruggere la malattia «invisibile». 

Obiettivo: diagnosi precoce

«La maggioranza dei pazienti con tumore del pancreas inizia il proprio percorso diagnostico presentando i sintomi al proprio medico curante – aggiunge Claudio Cricelli, presidente Simg –: si rende necessaria sempre più la diffusione del sospetto per identificare i pazienti a rischio che necessitano di ulteriori approfondimenti e l’applicazione di strategie volte a raggiungere diagnosi precoci».Altrettanto importante, per guadagnare tempo prezioso, può essere il ruolo delle oltre 19mila farmacie presenti su tutto il territorio nazionale:  «Fare prevenzione e screening rientra nelle quotidiane attività della farmacia di comunità – conclude Marco Cossolo, Presidente di Federfarma nazionale -. Per questo appoggiamo con convinzione la campagna “Quanto pesano 80 grammi?” . Ogni giorno i farmacisti accolgono e ascoltano le persone che si rivolgono loro con fiducia per essere orientate ed ottenere consigli sui propri problemi di salute, svolgendo così il ruolo di informatori e formatori in stretta collaborazione con gli altri professionisti sanitari che operano sul territorio. Con l’obiettivo, anche in collaborazione con le società scientifiche e le associazioni di malati, di creare percorsi multidisciplinari e integrati che mettano il paziente al centro».

16 novembre 2023 (modifica il 16 novembre 2023 | 11:34)

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