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I terremoti costano molto caro e i loro effetti si propagano a tutto lo Stato, arrivando a colpire anche i territori non interessati. Non lo sappiamo, ma in realtà abbiamo ereditato un mutuo da 1.500 miliardi di euro che continuiamo a pagare. Tutto dipende dal territorio e da cosa c’è costruito sopra: sono circa 7 milioni gli edifici costruiti con norme antiquate ed esposti a rischi sismici, ma al posto di prevenire abbiamo inseguito l’emergenza, agendo dopo le tragedie. Nel frattempo, il Superbonus rappresenta l’ennesima occasione persa: abbiamo speso ingenti fondi per migliorare per lo più l’efficienza energetica degli edifici, riuscendo però a raggiungere appena il 3 per cento degli immobili esistenti con ricadute notevoli sul bilancio dello Stato e dimenticando quello che non doveva essere dimenticato: il rischio sismico.
I costi non si vedono ma ci sono: ingenti e che stiamo pagando tutti. Eppure si potevano “curare” entrambi gli aspetti, ecco perché bisognerebbe intervenire con un “Doppio Superbonus”, come lo ha definito Stefano Pampanin, professore di Tecnica delle costruzioni a La Sapienza Università di Roma rientrato in Italia dopo 16 anni in Nuova Zelanda. Il come ce lo ha spiegato lui, in un’intervista a Today.it.
I terremoti costano: il “mutuo” da 1.500 miliardi di euro
I terremoti portano distruzione e perdite umane con danni economici che vanno oltre i territori colpiti, ricadendo su tutta la nazione. Scegliere di intervenire solo dopo le tragedie vuol dire continuare a pagare sempre più interessi su questo “mutuo sismico” che tutti noi cittadini abbiamo acceso senza volerlo: dal Belice nel 1968, a L’Aquila nel 2009, l’Emilia-Romagna nel 2012, il Centro Italia nel 2016 passando per l’Irpinia nel 1980, l’Umbria nel 1997, San Giuliano di Puglia nel 2002, come si vede dalla mappa sotto basata su stime del Consiglio nazionale degli ingegneri, i costi diretti di riparazione dei terremoti distruttivi in Italia sono impressionanti.
Tra costi diretti e indiretti, in realtà, negli ultimi 50 anni i terremoti distruttivi ci sono costati 1.500 miliardi di euro. Per dare un’idea, le ultime leggi di bilancio sono comprese tra i 20 e i 30 miliardi di euro.
“Ora abbiamo l’opportunità e il dovere di rientrare da questi costi – ha detto Stefano Pampanin a Today.it – Al momento stiamo pagando senza fare nulla. Senza volerlo abbiamo acceso un mutuo: per ogni miliardo di euro speso paghiamo gli interessi. L’impatto diretto è il costo della ricostruzione, degli sfollati, dei danni generali. Poi ci sono i costi indiretti, quelli sociali. Tutti stiamo pagando questi soldi”.
“Avere un mutuo antisismico è la cosa più iniqua del mondo. Al contrario, un “Piano nazionale integrato di riduzione del rischio sismico e di efficientamento energetico” ci restituirebbe benessere economico e sociale”, spiega Pampanin.
I terremoti non sono rari per l’Italia, anzi. Come si vede dalla mappa sotto elaborata da Today.it sulla base dei dati dell’Istituto italiano di geofisica e vulcanologia (Ingv), dal 1985 al 2018 in Italia ci sono stati 80 terremoti di magnitudo superiore a 5 e a breve distanza dai centri abitati. E purtroppo, con certezza, ce ne saranno moltissimi altri nei decenni, secoli e millenni a venire. Tuttavia, i danni e i costi si possono prevenire.
Per il professore Pampanin la soluzione è “un piano vaccinale antisismico a livello nazionale. La pancia – spiega il docente dell’università La Sapienza – potrebbe suggerirci di usare questi soldi in altro modo. Ma se vi dicessi che se non usiamo questi soldi potremmo non averne più in futuro? Per pianificare un intervento massiccio serve seguire i passi fondamentali di un approccio scientifico: analizzare lo stato di fatto, chiarire gli obiettivi, predisporre le risorse, definire chi-fa-che-cosa-come-quando (metodologia e cronoprogramma). Un piano non annuale o a breve termine come il Superbonus, ma spalmato su 20-30 anni. Se il piano non è di lungo termine e ben organizzato non funziona”.
Un Superbonus “doppio”, sismico ed energetico: il “Piano nazionale” con il Green Deal
Sappiamo che stiamo ancora pagando tutti i terremoti del passato e che ne arriveranno (moltissimi) altri: come facciamo a liberarci di questo “mutuo sismico” per non pagare più le ricostruzioni post sisma? Prima di tutto bisognerebbe capire dove e come intervenire. “Dovremmo mettere insieme i ministeri competenti e connettere le banche dati disponibili, per analizzare a tappeto il territorio e capire il vero rischio sismico, che non dipende solo dalla mappa dei terremoti, come si tende a semplificare, ma è dato dalla combinazione della pericolosità dell’evento e della vulnerabilità degli edifici”.
Parliamo di oltre 7 milioni di edifici e non solo nelle aree a più alta pericolosità. Difatti c’è da considerare un prima e un dopo gli standard costruttivi antisismici stabiliti negli anni ’70, e quindi un edificio più datato in una zona a pericolosità sismica medio-bassa potrebbe essere più a rischio di uno più moderno costruito in zone a pericolosità medio-alta.
Ma quale sarebbe il costo? “Questo vaccino antisismico previene e riduce i sintomi della malattia, e dunque l’impatto socio-economico, come le cinture di sicurezza e air-bag in un’auto, non è una cura assoluta, perché non si possono eliminare i terremoti. Neanche totalmente i costi che però possono essere ridotti in modo significativo. Ma un mutuo lo stiamo pagando già e con questi interventi potremmo ridurne il costo socio-economico che impatta tutti i cittadini non solo, ovviamente, quelli direttamente e tragicamente coinvolti “. Gli interventi antisismici si affiancherebbero a quelli di riqualificazione energetica.
Affinché possa funzionare, l’investimento stimato dovrebbe essere di almeno lo 0.5-0.8% del Pil, circa 13-15 miliardi di euro di soldi dei contribuenti, in aggiunta a contributi disponibili dalla Unione Europea, tra il Pnrr e il Green Deal. Gli interventi antisismici arriverebbero insieme a quelli per migliorare l’efficienza energetica, seguendo un approccio integrato.
Ristrutturare casa perché lo chiede l’Europa, davvero?
I fondi Ue verrebbero intercettati così: “Se per l’Europa è prioritario e da tutti condiviso aumentare l’efficientamento energetico degli edifici riducendo il consumo di energie fossili e le emissioni di CO2, in una analisi di ciclo di vita di un edificio dobbiamo anche assolutamente evitare di riparare più volte un edificio, che comporta ingenti consumi di energia ed emissioni – spiega Pampanin -. Di conseguenza, il territorio italiano, a particolare rischio sismico, dovrebbe avere una priorità di intervento”.
Ma quali sarebbero gli interventi? Per le case che ci sono già e costruite prima delle norme antisismiche degli anni ’70 la soluzione è l’esoscheletro, una struttura esterna da “agganciare” all’esterno dell’edificio che permetterebbe di raggiungere un’elevata resistenza alle scosse di terremoto, evitando non solo i morti ma anche i danni strutturali gravi.
In più, l’esoscheletro ha il pregio di installazioni relativamente rapide – circa 9 mesi di lavori – e non particolarmente invasive per gli abitanti rispetto a un normale ponteggio per la ristrutturazione energetica. E con l’esoscheletro si possono contemporaneamente applicare soluzioni per l’efficienza energetica dell’edificio, come i cappotti termici.
“L’antisismico minimo da norma che conosciamo non è antisismico” spiega Pampanin.
L’operazione però dovrebbe riguardare anche gli edifici di nuova costruzione. Per il professore Pampanin dovremmo infatti ambire all’uso della migliore tecnologia possibile: “Gli standard di legge, o meglio i minimi da legge-norma, in tutto il mondo permettono di salvare vite umane, ma ci stiamo accontentando del minimo. Li chiamiamo edifici antisismici ma sono in realtà solo sismo-resistenti: poi per ripararli dobbiamo spendere il 50% del prezzo iniziale. E questo costo ricade su tutti. Lo abbiamo calcolato dopo i più recenti grossi terremoti, specie dopo quello di L’Aquila: la ricostruzione ha costi pazzeschi”.
E per gli edifici nuovi, ancora da costruire, sarebbe lo Stato a partecipare alla spesa: “Se costruisci utilizzando tecnologie di nuova generazione a basso danneggiamento, mostrandone la riduzione del costo di riparazione, lo Stato ti dà la differenza di costo tra quella soluzione ed il minimo-da-norma”.
Senza prevenzione antisismica 78mila sfollati all’anno: la mappa
Ci sono già degli incentivi per gli interventi antisismici, come il Sismabonus, e operazioni simili potevano venire realizzate anche col Superbonus 110. Ma come ricorda il professore Pampanin, “In tempo di pace nessuno si prepara alla guerra”, e gli interventi sismici – non essendo obbligatori per usufruire del Superbonus in versine Eco – sono stati residuali rispetto a quelli di riqualificazione energetica.
Potrebbe esserci l’errore di sottovalutare i terremoti perché magari si abita in un’area a relativo basso rischio sismico: “Chi non è interessato perché può pensare di pagare questi interventi antisismici per altri più a rischio sbaglia: i danni poi ricadrebbero, come sta già succedendo da decenni, ugualmente su tutti. I costi li paghiamo tutti. Paghiamo l’uno per l’altro perché facciamo parte di un sistema, come succede col sistema sanitario nazionale” chiosa Pampanin.
Dopo la mappatura iniziale che dà il via al piano vengono definite le priorità di intervento e scatta la fase operativa: “La graduatoria verrebbe costruita secondo una scala di rischio, dal più alto al più basso. Se pensiamo al Covid, è come proteggere la popolazione di pazienti anziani e fragili: la vaccinazione deve iniziare da loro. Il climate change ci mette fretta, è come se gli edifici già vecchi si deteriorassero più in fretta” conclude Pampanin.
Alcuni territori sono più colpiti di altri dai danni economici dei terremoti. Come si vede dalle mappe sottostanti estratte da studi sulla valutazione del rischio sismico sul territorio italiano sviluppati dalla rete di laboratori nazionali di Ingegneria sismica (Reluis), i costi sono alti anche in regioni con una pericolosità sismica relativamente minore.
Alle perdite economiche si aggiungono quelle sociali, in termini di edifici non agibili nel breve e medio termine, sfollati, vittime, feriti. Come mostrato in tabella 1, si stima che, con il patrimonio immobiliare italiano attuale, in caso di terremoti si rischia una media di oltre 78mila sfollati l’anno per i prossimi 50 anni, 505 vittime, più di 1.700 feriti e circa 2 miliardi di euro di costi. È il mutuo sismico che presenta i suoi interessi ogni anno.
“L’obiettivo è la sicurezza del cittadino – dice il professore Pampanin a Today.it – Si può morire anche di terremoto ma è risolvibile. La soluzione tecnica c’è, possiamo beneficiarne tutti anche in termini economici. In questo momento storico possiamo inserire i temi antisismici, ricordandone l’ingente impatto in termini di CO2 ed energia spesa per riparare nel corso della vita di un edificio, nel contesto di grande attenzione per il cambiamento climatico e la transizione energetica”.
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“Questo piano produrrebbe non solo una importante riduzione dei costi legati sia al terremoto che all’energia risparmiata, ma genererebbe un volano economico positivo che permetterebbe alle misure di auto-ripagarsi, eliminando nel lungo periodo i costi del mutuo antisismico”, spiega il docente de La Sapienza. Ecco perché ancora di più alla luce di questi dati il Superbonus sembra un’occasione persa, che potrebbe essere rilanciata in una versione 2.0 ben strutturata e coordinata verso un “Piano nazionale di riqualificazione sismico-energetica del patrimonio edilizio italiano”.
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