Radioterapia per curare i tumori: i 10 «falsi miti» più diffusi fra pazienti e familiari

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È una cura Â«di serie B»

«Le radiazioni (esistono diversi tipi di radioterapia) sono in grado anche di guarire, da sole o in combinazione con le altre terapie, un malato di tumore — sottolinea Cinzia Iotti, presidente dell’Associazione Italiana di Radioterapia e Oncologia clinica (Airo) —. Oppure allungargli la vita. O ancora migliorargliela, per esempio tenendo a bada il dolore per le metastasi ossee. Non sono più “tossiche” come una volta, ma sempre più precise, mirate sul bersaglio da colpire, risparmiando i tessuti sani. E, proprio come tanti farmaci innovativi, possono venire personalizzate sul singolo paziente, grazie a tecniche e macchinari che col tempo si sono evoluti. A dimostrare il ruolo e l’importanza di un trattamento radioterapico sono i numeri stessi: in Italia viene prescritto a oltre il 70% dei malati di cancro, da solo o associato a chirurgia, chemioterapia, ormonoterapia, immunoterapia e aumentano i casi in cui è la prima scelta».

Si diventa radioattivi

Il trattamento a fasci esterni (ovvero quello effettuato in oltre il 90% dei malati, con la sola esclusione di alcuni tipi di brachiterapia) avviene con una sorgente esterna e quindi il paziente non diventa in alcun modo radioattivo e può stare a vicino a chiunque, anche bambini e neonati, senza alcun pericolo.

Serve solo in fase terminale

«Solo in una minoranza di situazioni la radioterapia è utilmente usata per ridurre i sintomi fra cui soprattutto il dolore nei pazienti giunti agli ultimi stadi di malattia — spiega Marco Krengli, presidente eletto Airo —. Nella maggioranza dei casi la radioterapia è impiegata a scopo curativo con intento di guarigione, persino in chi ha già metastasi (poche e di piccole dimensioni). È quanto avviene, ad esempio, anche con al fine di preservare l’organo per i tumori della laringe, dell’esofago, della vescica, del canale anale, della prostata, della cute e alcuni tipi di linfoma».

È dannosa, brucia e distrugge 

«La radioterapia è una delle più efficaci e vantaggiose modalità di cura dei tumori, incruenta e mai demolitiva e può provocare alcuni effetti collaterali, di solito prevedibili e spesso temporanei — chiarisce Marco Krengli, direttore della Radioterapia all’Istituto Oncologico Veneto IRCCS di Padova —. Questi effetti, in generale accettabili e limitati alla zona del corpo in cui viene effettuato il trattamento, sono illustrati al paziente prima di iniziare la cura. La radioterapia può distruggere il tessuto tumorale ma, grazie alle tecniche “mirate” attualmente disponibili, i tessuti sani vicini al tumore ricevono una minima dose di radiazioni e non vengono né bruciati né distrutti».

Provoca altri tumori

«Dati alla mano, il rischio che la radioterapia induca un tumore è molto basso ed è dell’ordine del 0,5% ne gli adulto — chiarisce Cinzia Iotti, direttore della Radioterapia all’AUSL-IRCCS di Reggio Emilia —: significa che meno di 5 malati su mille sviluppano una neoplasia a causa delle radiazioni alle quali è stato esposto. Servono comunque molti anni (almeno 10) perché questo accada e, considerato che la maggior parte dei pazienti è over 65 il pericolo è ancora minore. Infine, con le moderne tecnologie sempre più “precise” sul bersaglio da colpire il rischio si riduce ulteriormente».

Causa effetti collaterali irreversibili

La radioterapia oncologica, nell’ultimo decennio, ha fatto progressi di grande rilievo: sono migliorate le macchine, sempre più veloci e capaci di monitorare la somministrazione delle dosi in tempo reale; Ã¨ aumentata l’efficacia, con bersagli sempre più precisi; è stata ottimizzata la qualità dell’immagine, fondamentale per «guidare» le radiazioni il più possibile sulla neoplasia risparmiando i tessuti sani; infine, sono state ridotte sia il numero di sedute e sia le tossicità. «Così gli effetti collaterali più frequenti (come mucosite e dermatite) sono reversibili e solo alcune alterazioni rare dei tessuti, quali la fibrosi, possono risultare permanenti in una piccola percentuale di casi» dice Krengli.

Impedisce una normale vita sociale

«Oltre al “falso mito” sul diventare radioattivi, molti pazienti credono di dover modificare la loro esistenza e di doversi isolare o quasi — racconta Iotti —. Le limitazioni sono piuttosto legate ai sintomi dovuti al tumore (ad esempio se si soffre di forti dolori o altri sintomi debilitanti), altrimenti chi fa radioterapia può condurre una vita normale, uscire e frequentare familiari o amici. Anche durante i trattamenti, fatte alcune eccezioni, si può guidare e lavorare, se lo si desidera».

Non cura la malattia, riduce solo i sintomi

Il meccanismo d’azione della radioterapia è curativo in quanto determina la morte e la distruzione delle cellule tumoraliOgni seduta dura in genere pochi minuti, viene effettuata con macchinari di diversa complessità tecnica (acceleratori lineari, apparecchiature per tomoterapia, cyberknife, gammaknife, eccetera) che lo specialista sceglie a seconda delle indicazioni. Può essere prescritta sia per i tumori solidi sia per i tumori del sangue, prima, durante o dopo l’intervento chirurgico, da sola o associata ad altre terapie oncologiche, come per esempio i nuovi farmaci immunoterapici.

Da sola, non basta a guarire

«La radioterapia è usata a scopo curativo (cioè per raggiungere la guarigione) nella maggioranza dei casi e senza l’impiego di altri trattamenti può consentire la guarigione di vari tumori, fra cui quelli in stadio iniziale di laringe, faringe, prostata, polmone, pelle e alcuni tipi di linfoma — ricorda Iotti —. Nelle neoplasie localmente più avanzate un trattamento radioterapico da solo può essere curativo, ma la combinazione con farmaci antitumorali ne aumenta l’efficacia e rappresenta lo standard terapeutico».

È costosa 

«Esattamente come gli altri trattamenti oncologici la radioterapia viene erogata tramite il Sistema sanitario nazionale ed è dunque gratuita per i malati — conclude Krengli —. Per il nostro Ssn, poi, è la modalità di cura meno costosa se paragonata a chirurgia e farmaci oncologici. Le apparecchiature, sebbene sofisticate e dai prezzi molto elevati, sono impiegate per almeno 10 anni (spesso anche di più) e ognuna serve a curare migliaia di pazienti».

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