»Mi sono espresso male»- Corriere.it

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«Ho assistito ieri ad una scandalosa puntata di “Carta Bianca” con Bianca Berlinguer in tema di violenza alle donne. La donna veniva trattata come una menomata, come un’incapace. Se ubriaca è scusata. L’alcol è una scusante per la donna, mentre non lo è per l’uomo. Una totale deresponsabilizzazione della donna, come fosse un oggetto incapace di auto-determinarsi. Queste esagerazioni servono solo a delegittimare la donna trasformando in farsa un problema serio». Scriveva così sul suo profilo Facebook, a maggio 2021, Emanuele Compagno, legale di Filippo Turetta, il giovane che ha ucciso Giulia Cecchettin. Due mesi dopo, sempre su Facebook, l’avvocato commentava il fenomeno delle false accuse di molestie, stalking, violenze sessuali e maltrattamenti ritenendoli «tanti», se non addirittura «troppi». In Italia e nel mondo. «Accuse — scriveva — infondate e false, a volte utilizzate strumentalmente per avere forza in cause civili, come le separazioni o divorzi». Infine, tre anni fa, in occasione della giornata contro la violenza alle donne, annotava che «è giusto ricordare che le vittime sono da entrambe le parti». Affermazioni che in poche ore, all’indomani dell’ennesimo femminicidio in Italia, hanno fatto il giro del web e a molti sono suonate alquanto disturbanti se si pensa che il caso di cui Compagno è stato chiamato ad occuparsi, l’omicidio di Giulia Cecchettin, è stato commesso proprio dal suo assistito: Filippo Turetta.

«Nella puntata di “Carta Bianca” ritenevo che la donna non fosse stata trattata bene e volevo evitare discriminazioni di ogni sorta tra uomo e donna — si giustifica Compagno che, da oggi, nella difesa di Turetta verrà affiancato da Giovanni Caruso, del foro di Padova —. Forse avrò visto male ma mi è sembrato che fosse stata trattata come se non fosse in grado di badare a se stessa e quindi di autodeterminarsi, quasi a detrimento della figura femminile». Scriveva anche che l’alcol è una scusante per la donna, ma non per l’uomo, denunciando poi il numero eccessivo di false accuse di molestie… «Sì, spiegavo che gli inglesi hanno stabilito dei protocolli per vagliare e scrutinare queste denunce. E che anche l’Italia dovrebbe maturare una coscienza nuova, quella che vede nell’accusato non un colpevole, ma un innocente fino a prova contraria. All’indomani della morte di Giulia Cecchettin il mio pensiero è stato travisato ma il suo senso va proprio nella ricerca dell’uguaglianza tra i sessi. Forse mi sono espresso male… Ho scritto molti post contro le violenze di ogni tipo, sul bullismo e sull’odio verso gli omosessuali. E mi spendo per l’uguaglianza delle persone. La vittima è vittima e non deve mai in qualche maniera giustificarsi».

Le resistenze nell’accettare un rovesciamento di prospettiva che la parola femminicidio (un delitto che trova i suoi profondi motivi in una cultura dura a rinnovarsi e non un voler forzatamente distinguere tra delitto e delitto semplicemente in base al sesso della vittima), però, sono dure a morire. Ancora oggi alle donne viene data parte della colpa. Per un italiano su quattro la violenza sessuale è originata dal modo in cui la donna si veste? Significa che, dunque, è colpa sua. Commenti che sembrano non fermarsi e tesi (quasi) a giustificare le aggressioni alle donne. Il 31 ottobre 2015, l’avvocato di Turetta scriveva sulla notte di Halloween: «Non capisco cosa ci facciano delle ragazzine vestite da pu****e in giro per il paese. E nemmeno perché i genitori accompagnino i figli a disturbare per le famiglie suonando campanelli. Vergognatevi». «Da quel post sono passati quasi 10 anni … Mi scuso per i termini che ho usato —commenta ancora Compagno —. Ripeto, l’impegno, da parte mia, alla lotta contro ogni forma di discriminazione è massima e, ribadisco nessun comportamento, abbigliamento incluso, giustifica la violenza nei confronti delle donne».

Dagli ultimi dati nazionali della polizia emerge che dei 106 omicidi di donne nel 2023 (al 19 novembre) su 295 totali, 87 (su 130) sono stati commessi in ambito familiare-affettivo e 55 da partner o ex partner (su 60), che possono essere catalogati come femminicidi. Nel 52% dei casi è stato il marito o in convivente, nel 14% l’ex, come anche un soggetto con il quale la vittima aveva una relazione extraconiugale.

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