«Mi sento come scorticata»- Corriere.it

admin
4 Min Read

[ad_1]

DALLA NOSTRA INVIATA
TEMPIO PAUSANIA — «Mi sento come scorticata. Ma se deve funzionare così va bene, resisto».

Al quarto giorno di interrogatorio in aula, Silvia tira la somma delle sue sensazioni. È come se le fossero entrati sotto pelle, appunto. Così ha detto ai suoi legali alla fine dell’udienza di ieri.
«È stata dura, sì», conferma a chi le chiede genericamente com’è andata fin qui. Ma la resa non è prevista, nemmeno davanti agli occhi che si sono spesso riempiti di lacrime o davanti a domande che l’hanno messa in imbarazzo. Lei è la presunta vittima di una violenza sessuale di gruppo e non è mai una passeggiata per chi si ritrova in questi panni a dover rispondere, spiegare, ricordare…

«Un calvario»

Silvia è la ragazza che accusa di stupro Ciro Grillo e i suoi tre amici genovesi: Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia. Per il suo esame davanti ai giuridici del tribunale di Tempio Pausania (Sassari) erano state previste un paio di udienze (sono sempre tutte a porte chiuse). Ma con quella di ieri siamo già arrivati a quattro e non è ancora finita perché toccherà a lei anche il 31 gennaio e il 1 febbraio prossimi.
«È una ragazza provata, stanca. Ha ricostruito con grande sofferenza i fatti gravissimi oggetto di questo processo. E il calvario non è ancora finito», conferma all’uscita del tribunale Dario Romano (che è uno dei suoi legali assieme a Giulia Bongiorno). Lei lascia l’edificio dalla porta secondaria, si infila in un’auto che l’aspetta e corre verso l’aeroporto proprio mentre, davanti al Palazzo, sta parlando l’avvocata Antonella Cuccureddu, che difende Francesco Corsiglia.

«Si è contraddetta»

Dice, l’avvocata Cuccureddu che «la ragazza si è contraddetta più volte e ha detto una serie di “non ricordo”». Che quindi dal suo punto di vista «l’udienza è andata bene ed è stata tranquilla». La definisce «tranquilla» nonostante l’allarme che lei stessa ha lanciato in aula su «quello che sta accadendo sulla stampa». E cioè: «Per avere fatto domande che sono lo specifico oggetto del processo, sono stata accusata di avere fatto qualcosa di non opportuno, quando invece fare domande e ricostruire tutto, segmento per segmento, è l’unica cosa da fare. Per quelle domande in queste ore sto ricevendo continue minacce sui miei profili social. Il presidente e il pubblico ministero mi hanno pubblicamente manifestato solidarietà invitandomi a denunciare».
Nell’udienza «tranquilla» di ieri c’è stato anche un giallo: l’avvocata ha parlato di un suo audio in aula «diffuso all’esterno» insinuando – di fatto – che qualcuno abbia registrato a sua insaputa le domande finite poi in onda da qualche parte. Qualche minuto di stupore, il presidente che preannuncia accertamenti e poi l’intervento della giudice a latere: «Avvocata, mi dicono che erano le sue dichiarazioni registrate fuori dall’aula». Fine del giallo.

«Perché non ha urlato?»

È vero, in ogni caso, che le domande dell’udienza di mercoledì sono diventate oggetto di polemiche e insulti, soprattutto via social. Si è parlato di vittimizzazione della ragazza, si sono fatte sentire associazioni antiviolenza e femministe locali. Ma lei, l’avvocata Cuccureddu, tira dritta per la sua strada e non soltanto rivendica ciascuna delle domande sott’accusa (del tipo: «perché non ha urlato?», «Perché non si è divincolata?», «perché non ha usato i denti?», «Se lei aveva le gambe piegate come ha fatto a sfilarle gli slip?») ma replica seccata: «Non riuscirete a intimidirmi, io faccio soltanto il mio lavoro».

[ad_2]

Source link

Leave a comment