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La convocazione arriva a sorpresa, a metà pomeriggio. Per tutti, anche per i ministri che siederanno al suo fianco. Giorgia Meloni chiama di nuovo a Palazzo Chigi le parti sociali per parlare della legge di Bilancio – a iter già avviato e più volte pubblicamente blindato – e fa infuriare Cgil e Uil che oggi come fissato da tempo, saranno in piazza nelle Regioni del Nord a scioperare proprio contro la manovra. Tanto che alla fine, dopo esplicita richiesta scritta, il tavolo con i sindacati viene posticipato a martedì mattina.
Accanto alla premier ci sarà anche Matteo Salvini (oltre a Giancarlo Giorgetti e Marina Calderone), che da giorni sta ingaggiando una battaglia frontale con i sindacati sugli scioperi dei trasporti e di nuovo minaccia la precettazione per lo stop di 24 ore annunciato per lunedì dalle sigle di base. Mossa puramente politica, anche per bilanciare l’attivismo dell’alleato, provocazione ai sindacati: si moltiplicano, in Transatlantico, le interpretazioni della chiamata che ha spiazzato anche i partiti. Ma nessuno, in realtà, sa dire il perché del nuovo incontro. “Legge di Bilancio” e “varie ed eventuali” c’è scritto nella lettera di convocazione.
Tanto che, scherzando, qualcuno si augura che non ci siano “cattive notizie” a giustificare tanta urgenza. Invece ci potrebbero essere “buone notizie”, scommette una fonte di governo. Magari qualche altro gruzzoletto recuperato da poter dedicare alle grandi voci della manovra, a valle del confronto con le parti sociali. I numeri dell’occupazione, ha ricordato peraltro Meloni nel corso del premier time in Senato, hanno segnato una serie di “record” rispetto al ritmo “lento” del passato. Anzi, l’affondo nei confronti dei sindacati, “curiosamente si registrava una mobilitazione abbastanza contenuta” negli anni in cui i salari diminuivano e i posti di lavoro non aumentavano. Mentre ora da “6 scioperi generali in 10 anni” si è passati a “2 all’anno. Una buona notizia”, la stilettata. Con altrettanta ironia risponde Maurizio Landini, che sarà alla manifestazione di Torino: “Non abbiamo il dono dell’ubiquità e non possiamo nemmeno fermare i treni”, dice il leader della Cgil mentre Pierpaolo Bombardieri (sarà a Brescia) ricorda il precedente “del primo maggio” e punta il dito contro un “ulteriore segno di mancanza di rispetto per chi farà una giornata di sciopero”.
Nessun problema di sovrapposizione della Cisl, che aveva dato subito la sua disponibilità anche per il pomeriggio perché il sindacato guidato da Luigi Sbarra manifesterà, in solitaria, sabato mattina a Roma. Non ci sarebbe andato anche il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, impegnato altrove, che manderà però il direttore generale della confederazione. Possibile che nell’incontro ora posticipato si illustri anche la via d’uscita al pasticcio sulle pensioni di un gruppo di dipendenti della pubblica amministrazione, tra cui i medici: “Il governo ha annunciato che intende rivedere la norma, in particolare sugli operatori sanitari, affinché non subisca penalizzazione chi accede alla pensione di vecchiaia o ha elevata anzianità contributiva”, ha spiegato Meloni ai senatori, non sciogliendo però del tutto i nodi su cui si stanno confrontando da giorni Mef, ministero del Lavoro e della Salute. Esonerare tutte le categorie dalla stretta, anche per non incorrere in problemi di costituzionalità, o salvare solo i camici bianchi, allentando i paletti per gli altri, o ancora congelare per due anni la misura, alcune delle idee sul tavolo. La volontà, spiega Claudio Durigon, sottosegretario leghista al Lavoro, sarebbe quella di “generalizzare un po’ per tutti la norma” ma ancora non è stata superata “la fase istruttoria”. Si lavorerà tutta la notte, per presentare al tavolo una soluzione che andrà tradotta poi in emendamento alla manovra. Che arriverà per mano di governo o relatori visto il diktat zero emendamenti che la maggioranza, alla fine, ha rispettato. Ci sono, certo, una serie di modifiche firmate Fdi (da Domenico Matera) ma si tratta delle richieste del comitato della legislazione. Norme mal scritte, da sistemare. “Drafting, ripulitura del testo”. Che era uno dei motivi che ha allungato i tempi di approdo della manovra in Parlamento (due settimane dopo l’ok): e che ora va rifatto, per 34 volte.
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