«Dobbiamo trovare una casa a Budapest»

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Ilaria Salis presenterà una richiesta per avere i domiciliari in Ungheria. Lo ha fatto sapere Roberto Salis, padre della 39enne lombarda detenuta da un anno a Budapest con l’accusa di aver aggredito dei militanti di estrema destra. «Ilaria ha cambiato idea – ha detto Roberto Salis – visto che da più parti è arrivata questa richiesta di fare istanza per i domiciliari in Ungheria. Adesso dobbiamo trovare una casa a Budapest e poi presenteremo la richiesta». 

I tempi per la richiesta di scarcerazione vengono ritenuti «maturi» dalla difesa della 39enne, anche se l’orientamento è cambiato. L’istanza è volta a far ottenere la misura cautelare attenuata non più in Italia ma in Ungheria, anche in base alle considerazioni del legale ungherese che assiste la donna, Gyorgy Magyarto. Un passaggio ai domiciliari sembra essere al momento la possibilità più concreta per far terminare la detenzione a Salis, il preludio a un ritorno in Italia anche se un’eventuale condanna andrebbe comunque scontata a Budapest.

Il padre di Salis ha anche commentato la lettera dell’ambasciatore ungherese a Roma Adam Kovacs sul caso di sua figlia Ilaria: «Mi aspetto che le istituzioni italiane ribadiscano al governo ungherese che nel nostro Paese la stampa è libera e non sono gradite ingerenze straniere sul lavoro dei giornalisti italiani», ha detto.

Nella lettera, l’ambasciatore afferma che una parte «significativa» della stampa italiana ha dato del caso Salis «una rappresentazione particolarmente distorta e sproporzionata soprattutto nella valutazione del sistema giudiziario ungherese».

Tale versione distorta, secondo il diplomatico, fa «sorgere il dubbio che i commenti editoriali siano mossi esclusivamente da considerazioni politiche, oltre che ideologiche, dirette a mettere in cattiva luce le relazioni italo-ungheresi». Segue una serie di considerazioni in cui si ricorda che le accuse mosse a Ilaria Salis «a prescindere dall’estraneità o meno dell’imputata a questi fatti, su cui sarà la Corte a pronunciarsi», sono di «reati gravissimi, unicamente tesi a scardinare i principi fondanti della nostra democrazia che esclude l’uso della violenza come strumento del confronto politico». La lettera si conclude con la convinzione dell’ambasciatore che «l’amicizia storica esistente fra i nostri Paesi rimarrà solida perché ha fondamenta millenarie».

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