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La prima ferita a Giulia Cecchettin l’ex fidanzato Filippo Turetta gliel’ha inferta nel parcheggio a Vigonovo. A 150 metri da casa. Erano le 23 e 15 di sabato 12 novembre e un testimone ha riferito di aver visto i due litigare e ha chiamato i carabinieri. Che hanno rinvenuto la lama di un coltello da cucina lungo 21 centimetri con macchie di sangue sull’asfalto. La circostanza emerge dall’ordinanza di custodia cautelare della giudice per le indagini preliminari Benedetta Vitolo, emessa su richiesta del pubblico ministero Andrea Petroni il 15 novembre. Poi c’è il video delle telecamere della zona industriale di Fossò. È passato appena un quarto d’ora. Giulia riesce a uscire dall’auto, cerca di scappare. Filippo la raggiunge, la getta a terra facendole sbattere la testa sul marciapiede. Sull’asfalto si forma una delle macchie di sangue che poi i carabinieri troveranno.
Shock emorragico
Insieme c’è lo scotch che forse Turetta ha usato per zittirla. Carica il suo corpo nel bagagliaio e riparte. Lei ha cercato di difendersi: il medico legale dice che ha ferite sul collo, sulle mani, sulle braccia. Muore per uno shock emorragico, secondo le prime risultanze dell’autopsia. L’aggressione è durata mezz’ora in totale. Alle 23.50 la Fiat Grande Punto targata FA015YE lascia Fossò e si dirige verso il lago di Barcis. Verso le 3 di notte riparte, dopo aver nascosto il cadavere. Il targa system registra il suo passaggio a verso Cortina. Il dottor Antonello Cirnielli dice che non è possibile stabilire quando sia morta Giulia. Di sicuro quando il corpo è stato gettato nel canalone lo era. È probabile che la ragazza sia deceduta durante il tragitto in auto fino al lago. Mentre i pm decideranno a breve se andare in Germania per ascoltarlo, nella ricostruzione ci sono ancora molti punti oscuri.
I due coltelli
Per esempio, spiega oggi il Corriere della Sera, nel filmato in cui Turetta rincorre Cecchettin a Fossò si vede a un certo punto che lui tira fuori qualcosa da una tasca per colpirla. Un coltello? Eppure i carabinieri ne avevano trovato uno a Vigonovo. Possibile che ne avesse due? Poi ci sono i buchi temporali durante la fuga. Si ricavano dai tempi di percorrenza delle strade, che sono più ampi del normale. Ci sono venti minuti di troppo nella registrazione tra Fossò e Zero Branco nel trevigiano. Poi c’è quello della registrazione a Piancavallo nel pordenonese. Quest’ultimo è stato utilizzato per lasciare il cadavere nel canalone. Ma l’altro?
I giorni della fuga
Poi ci sono i giorni della fuga. Il passaggio in Austria viene comunicato mercoledì 15 novembre ma risale alla domenica. Turetta arriva a Lienz. Nei sei giorni successivi fino a sabato notte, quando la polizia tedesca lo ferma con l’auto senza carburante per una violazione del codice stradale tedesco, non si sa più nulla. Secondo l’ordinanza Turetta era partito con 300 euro in tasca. E una cosa è certa: «Non è mai arrivato a Berlino». Anche perché l’automobile, quando è stata intercettata, era sulla corsia per il viaggio verso Sud. Secondo le ipotesi potrebbe aver fatto inversione a Potsdam. Ma nei sei giorni precedenti cosa ha fatto? Dove ha dormito, dove ha mangiato? Lui intanto rimane in carcere ad Halle. E gli inquirenti cercano prove della premeditazione.
L’ordinanza
Nell’ordinanza la Gip scrive che Turetta deve stare in carcere per la sua pericolosità sociale. Che si evince «dall’inaudita gravità e manifesta disumanità» che ha mostrato contro la «giovane donna con cui aveva vissuto una relazione sentimentale».
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