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L’industria alimentare produce cibo che potremmo definire “predigerito”, attraverso processi che scompongono materie prime in molecole, creando alla fine alimenti ultraprocessati. Questi cibi bypassano il sistema digestivo umano, compromettendo i segnali di sazietà e portando ad eccessi calorici
Hai mai pensato che una parte del cibo che ingerisci potrebbe essere “predigerito”? Ovviamente no e la cosa assume anche una certa connotazione disgustosa, o meglio, decisamente poco sana. Non ci riferiamo ovviamente agli alimenti freschi e di stagione come frutta e verdura né ai cereali integrali o legumi ma ad alcuni prodotti tipici dell’industria alimentare, i cosiddetti cibi ultraprocessati.
Le aziende alimentari hanno introdotto una nuova prospettiva rispetto alla nostra alimentazione quotidiana: appunto il concetto di cibo “predigerito”. Ma cosa si intende esattamente con questo termine? Gli alimenti ultraprocessati, sempre più presenti nella nostra dieta, sono stati creati con un sistema che può essere descritto come “pre-digestione”, capace di renderli più appetitosi ma meno sazianti.
In pratica, per produrre cibo conveniente e gustoso, le materie prime di base vengono scomposte in parti molecolari, note come “liquami”. Questi liquami, derivati da colture alimentari come mais, grano e patate, contengono farine amidacee, isolati proteici, grassi e oli. Il processo di estrazione, simile alla digestione umana, crea un impasto che viene poi trasformato con coloranti artificiali, aromi ed emulsionanti per creare una vasta gamma di alimenti ultraprocessati.
Come ha spiegato in un video la European Starch Industry Association:
La maggior parte di ciò che viene estratto è l’impasto di amido, una miscela lattiginosa di amido e acqua, ma abbiamo anche estratto proteine e fibre. Circa la metà dell’impasto di amido viene utilizzato per produrre zuccheri a base di amido e altri derivati. Questi vengono creati mediante idrolisi, un processo simile alla digestione umana.
Molti degli alimenti a base di cereali o tuberi più elaborati che mangiamo, dai panini per hamburger alle patatine ai budini, sono stati preparati in un modo abbastanza simile a quello di una mamma uccellina che mastica il cibo per i suoi piccoli.
L’ha spiegato il dottor Chris van Tulleken, esperto di virologia, professore associato all’University College di Londra e autore di un libro sugli alimenti ultraprocessati:
Potrebbe essere una pizza se ci mettessi sopra del formaggio e del pomodoro. Potrebbe essere un panino con hamburger. Potrebbe essere una barretta di cereali, un cereale per la colazione, un gelato o un dolcetto: hanno tutti lo stesso elenco di ingredienti di base di partenza.
Secondo l’esperto, si tratta però solo di “un’illusione di cibo”, un modo economico per le aziende alimentari di produrre alimenti attraenti ma che in realtà sono potenzialmente dannosi:
È davvero costoso e difficile per un’azienda alimentare produrre cibo che sia reale e intero, ed è molto più economico per le aziende alimentari distruggere cibi veri, trasformarli in molecole e poi riassemblarli per creare tutto ciò che vogliono.
Gli alimenti ultraprocessati, infatti, essendo già “predigeriti”, attraversano il sistema digestivo umano in modo veloce e semplice. Ma non è così che dovrebbe funzionare. Abbiamo denti progettati per fare a pezzi il cibo, un sistema gastrointestinale evoluto per scomporre gli alimenti interi nei loro vari componenti nutrizionali e assorbire vitamine, minerali e micronutrienti, eliminando gli scarti.
Privando il corpo della normale capacità di digerire, inoltre, si perdono anche i segnali di sazietà. Secondo il dottor David Katz, specialista in medicina preventiva, questo comporta un problema fondamentale: si tende ad assumere più calorie di quelle necessarie prima che il corpo possa segnalare la sazietà, il che può portare ad eccessi alimentari e problemi di salute a lungo termine.
Uno studio clinico ha confermato che le persone che seguono una dieta ultraprocessata consumano circa 500 calorie in più al giorno rispetto a coloro che seguono una dieta composta da alimenti minimamente trasformati. Questo aumento di calorie è associato a un rapido aumento di peso. Tuttavia, è difficile valutare appieno l’effetto di questi alimenti sulla salute a lungo termine, poiché gran parte delle ricerche sono solo osservazionali.
Le diete ricche di alimenti ultraprocessati sono state comunque associate ad un aumento del rischio di cancro, malattie cardiovascolari, obesità, diabete di tipo 2 e depressione.
Inoltre, la lavorazione intensiva di ingredienti che vengono prima scomposti e poi riassemblati durante la produzione di alimenti ultraprocessati potrebbe compromettere la presenza di nutrienti essenziali. Ovvero finiamo per consumare più calorie, ma meno dense in termini di micronutrienti.
Il consiglio è dunque quello di lasciare il più possibile sugli scaffali gli alimenti ultraprocessati.
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Fonte: CNN
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