Nutrire il cervello: ecco la dieta migliore

admin
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Una dieta povera di importanti nutrienti può aumentare il rischio di demenza? Recenti studi sulla salute cognitiva degli anziani indicano che l’insicurezza alimentare è un fattore di rischio per i deficit cognitivi; ed emerge che buona parte della popolazione anziana non segue una dieta appropriata. Ne parliamo con Marcello Maggio, direttore della Clinica Geriatrica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma.

Come influisce l’alimentazione sulla salute cerebrale degli anziani?
Il legame tra salute cerebrale ed apporto nutrizionale è bidirezionale. Le capacità cognitive, ossia la memoria a breve e medio termine, nonché la pianificazione ed organizzazione della propria giornata, unitamente ad altre aree cognitive, sono fortemente influenzate dal corretto apporto di micronutrienti (acido folico, vitamina B12, carotenoidi, fibre insolubili) e macronutrienti (grassi polinsaturi e, fra di essi, quelli definiti come omega 3). D’altra parte, il cibo è gratificazione e convivialità e la presenza di sintomi depressivi, o di alterazione della pianificazione e dell’organizzazione di dieta e pasto, disturbi iniziali di deglutizione, spesso costituiscono i primi sintomi comportamentali e cognitivi di un iniziale deterioramento cognitivo chiamato disturbo neuro-cognitivo minore. La presenza di questi sintomi, che spesso precedono i classici disturbi della memoria, contribuiscono ad un isolamento progressivo, influenzano l’adeguato apporto nutrizionale, innescano un’accelerazione del decadimento cognitivo e l’evoluzione verso forme conclamate di demenza. In sintesi, la dieta influenza le capacità cognitivo-comportamentali, ma iniziali disturbi, spesso trascurati o ignorati, anche se di lieve entità, a loro volta condizionano un corretto stile alimentare.

Quali sono i nutrienti essenziali per invecchiare bene?
Studi della letteratura scientifica internazionale supportano il ruolo di alcuni nutrienti e di alcuni «regolatori» ormonali (come la ghiandola tiroidea) nell’insorgenza delle forme di demenza di tipo neurodegenerativo e vascolare che costituiscono le principali forme di demenza. Se analizziamo gruppi di nutrienti, le categorie più protettive fanno riferimento alle vitamine del gruppo B (vitamine B6, B12 ed acido folico), ed a quelle degli anti-ossidanti (vitamina E, vitamina C, carotenoidi, flavonoidi, vitamina D) oltre ai già citati acidi grassi polinsaturi omega 3. Dati dalla biobanca del Regno Unito di 26.7000 soggetti hanno riscontrato una forte associazione tra il contenuto di acidi grassi omega 3 totali ed il rischio di Demenza di Alzheimer soprattutto negli uomini ultrasessantenni. La Lancet Commission on Dementia Prevention sostiene che circa il 22% dei casi che progrediscono da forme iniziali a forme avanzate di demenza, sono potenzialmente prevenibili con la correzione di regimi dietetici inadeguati, diabete e sintomi neuropsichiatrici. Non a caso supplementi nutrizionali, o meglio alimenti a fini speciali, che contengono nutrienti del gruppo B, vitamina E, vitamina C, selenio, omega 3 e colina, sono fortemente suggeriti e hanno il maggior grado di evidenza, insieme all’attività fisica, nel trattamento delle forme iniziali di demenza.

Il consumo giornaliero di frutta e verdura è un fattore chiave?
È più l’equilibrio di nutrienti protettivi che il contributo del singolo nutriente a recitare un ruolo importante nel mantenimento delle funzioni cognitive e nell’evoluzione di forme minori in forme conclamate di demenza. In quest’ottica frutta e verdura sono gli alimenti più completi. L’aderenza alla dieta mediterranea riduce significativamente il rischio di Demenza di Alzheimer sia tra i soggetti cognitivamente integri che tra quelli con iniziale deterioramento cognitivo. L’efficacia della dieta va commisurata alla disponibilità economica necessaria per la costante aderenza al regime dietetico suggerito nonché alle abitudini alimentari locali, spesso non in linea con gli standard nutrizionali suggeriti.

Quali altri fattori sono implicati?
Sicuramente l’intervento nutrizionale fa parte di una strategia più complessiva che include fattori clinici tra i quali il controllo della pressione arteriosa, mantenimento di indice di massa corporea, diabete misconosciuto o colesterolo e trigliceridi non nel range di normalità, la valutazione ed il monitoraggio della funzione uditiva, la storia di eventi traumatici a livello cranico, la valutazione del sonno, frequentemente alterato nel soggetto anziano. Non meno importanti, lo stile di vita ed in particolare l’attività fisica e l’esercizio di tipo aerobico, il fumo di sigaretta, la limitazione dell’apporto di alcool. Negli anziani pesano anche la solitudine e l’isolamento sociale associato a difficoltà finanziarie nell’affrontare spese dentistiche e visite specialistiche. Questi «sintomi» socio-economici rientrano nei nove parametri della checklist Sunfrail validata a livello europeo, frutto di uno studio coordinato dalla Regione Emilia-Romagna, mirato ad identificare vulnerabilità o fragilità.
Esistono percorsi alimentari nella terapia preventiva alla demenza?
In Italia, percorsi strutturati nei Centri disturbi cognitivi e demenza aiutano a supportare il paziente inviato su richiesta del medico curante. La valutazione tempestiva dei disturbi cognitivi e l’importanza del fattore nutrizionale sono in netta crescita in termini di consapevolezza nei colleghi medici più giovani, anche grazie ad una mirata campagna d’informazione-formazione che parte dai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia e necessita di essere sempre più trasversale e multi-professionale. L’impiego di alimenti a fini speciali e della dieta mediterranea nella terapia non farmacologica della demenza, non può prescindere dall’identificazione delle funzioni deglutitorie, del diario e abitudini alimentari, dell’idratazione, della composizione corporea e della forza muscolare e dalla valutazione della storia clinica e farmacologica del paziente con disturbi cognitivi.

 



Marcello Maggio
Direttore della Clinica Geriatrica dell’ospedale Maggiore

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