L’alimentazione del Ramadan, cosa fa bene e cosa fa male

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Domenica sera 10 marzo è iniziato il Ramadan, il digiuno religioso dell’Islam, un periodo di 28-30 giorni in cui cibo e bevande sono proibiti durante le ore diurne. Diversi studi ne hanno indagato gli effetti, con risultati contrastanti. JF. Trepanowski e RJ. Bloomer, dell’Università di Memphis, li hanno rilevati in uno studio puntuale: “L’impatto del digiuno religioso sulla salute umana. Nutr J 9”.

Le probabili cause dei risultati eterogenei sono alcune differenze: la quantità di tempo di digiuno giornaliero; la percentuale di soggetti che fumano, assumono farmaci per via orale e/o ricevono liquidi per via endovenosa; le scelte alimentari e le abitudini alimentari. I cristiani greco-ortodossi, ad esempio, digiunano 180-200 giorni l’anno: per la Natività (40 giorni prima di Natale), la Quaresima (48 giorni prima di Pasqua) e l’Assunzione (15 giorni in agosto). Questo digiuno si può descrivere come una variante del vegetarianismo. L’assunzione giornaliera di proteine, grassi, grassi saturi, acidi grassi trans, riboflavina e calcio viene ridotta. Scendono anche massa corporea, colesterolo totale, LDL-C e rapporto LDL-C/HDL-C. Aumenta l’assunzione di fibre e carboidrati, mentre non si verificano cambiamenti per i grassi monoinsaturi e la maggior parte delle vitamine e dei minerali. Il digiuno è spesso un momento di grande crescita spirituale, ma può anche migliorare la salute fisica.

Il digiuno di Daniele (legumi e acqua), descritto nella Bibbia, proibisce il consumo di prodotti animali, additivi alimentari, conservanti, dolcificanti, aromi, caffeina e alcol. Di solito viene osservato per 21 giorni, a volte per 10 o 40. Un’indagine ha rilevato effetti favorevoli, tra cui: pressione sanguigna, lipidi nel sangue, sensibilità all’insulina e biomarcatori dello stress ossidativo.

La pratica comune del Ramadan, invece, consiste nel consumare un pasto abbondante dopo il tramonto e un pasto più leggero prima dell’alba, cui qualcuno aggiunge un pasto prima di dormire. I musulmani consumano una maggiore varietà di cibi durante il Ramadan (e ciò è un bene) rispetto al resto dell’anno. Inoltre cibi e bevande zuccherati vengono consumati più frequentemente. Tutti i musulmani sani, raggiunta la pubertà, hanno l’obbligo del digiuno, ad eccezione dei malati, delle donne incinte e/o che allattano, e durante il ciclo mestruale. Tuttavia, molti musulmani che hanno diritto all’esenzione scelgono comunque di digiunare. E dato che il calendario islamico è lunare, il primo giorno del Ramadan avanza di 11 giorni ogni anno.

Il Ramadan cade in parti diverse dell’anno, e se il periodo medio di digiuno dura 12 ore, può arrivare a 22 ore nelle regioni polari durante l’estate.

Altre variabili confondenti includono l’abitudine al fumo, i farmaci, la dieta e le abitudini culturali. È vietato fumare di giorno durante il Ramadan; una popolazione che contiene una grande percentuale di fumatori potrebbe sperimentare cambiamenti nei biomarcatori relativi alla salute, per la semplice rinuncia al fumo. Per quanto riguarda la dieta, è stato segnalato che l’apporto energetico durante il Ramadan aumenta nei sauditi e diminuisce negli indiani. Le differenze sono molte, non si possono trarre conclusioni definitive. Sembra esserci consenso sul fatto che il consumo di grassi polinsaturi non cambia durante il Ramadan. È stato segnalato un aumento del consumo di acidi grassi trans (proibiti in Italia). I macronutrienti, vitamine del Gruppo B e minerali, come Calcio, Magnesio e Zinco, vengono generalmente consumati in quantità normali durante il Ramadan. Vista la frammentazione delle abitudini, la conclusione dei lavori di ricerca non fa evincere differenze significative circa l’apporto di nutrienti durante il Ramadan.

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