il priore restituisce 4 milioni di euro- Corriere.it

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Il priore si difende dicendo che quei 4 milioni di euro li aveva messi sotto la protezione di un «trust» (un fondo fiduciario gestito da amministratori indipendenti) per tutelarlo da dispersioni e per farlo fruttare affinché ne potessero beneficiare i poveri a cui era stato destinato da una ricca signora. Per la Curia si è trattato invece di appropriazione indebita e di riciclaggio. L’oggetto della contesa era il cosiddetto «lascito Ghisellini», un’eredità milionaria affidata alla parrocchia di San Pietro che però, dopo vari passaggi di conti correnti e cambi di intestazione, è transitata all’Abbazia dei Padri Benedettini (guidata dall’ex priore di San Pietro don Stefano De Pascalis) andando, sembra, contro le disposizioni della nobildonna. Giuliana Ghisellini, originaria di Cento, laureata in ingegneria e morta nel 2020 a Bologna, aveva espressamente chiesto che il lascito andasse solo alla parrocchia e per beneficienza ai poveri e non ai monaci benedettini che vi risiedono.

L’indagine della Procura e l’accordo transattivo

Dopo la denuncia della Curia, ne è scaturita un’indagine della Procura per riciclaggio, auto-riciclaggio e appropriazione indebita, con il coinvolgimento di professionisti esterni e parcelle da 100mila euro. L’arcivescovo Erio Castellucci e la parrocchia di San Pietro erano decisi ad andare a fondo e la Procura di Modena aveva presentato cinque richieste di rinvio a giudizio. Ma a sorpresa, uno spiraglio si è aperto e il processo all’ex priore di San Pietro Stefano De Pascalis e ai suoi collaboratori sembra destinato a tenersi. Ieri all’udienza preliminare davanti al giudice Andrea Scarpa, gli avvocati difensori hanno presentato l’accordo transattivo raggiunto con la Curia, che sulla base di questo ha deciso di rimettere la querela. L’accordo è ritenuto congruo, e benché nessuno degli avvocati ne divulghi il contenuto vista la clausola di riservatezza, significa che i soldi verranno ridati alla Curia: se non 4 milioni, quello che resta dopo i vari passaggi di denaro.

Il lascito della nobildonna

Il pm Di Giorgio ha dal canto suo presentato istanza di modifica dell’imputazione: non più per i due reati di ricettazione e appropriazione indebita ma solo per l’appropriazione indebita. Un reato meno grave, tanto che è perseguibile solo dietro querela di parte e la remissione da parte della Curia dovrebbe condurre alla chiusura del caso, senza l’apertura di un processo. Starà però al giudice, valutare tutto e prendere la decisione definitiva nella prossima udienza del 4 dicembre, chiudendo così una vicenda partita circa cinquant’anni fa. Risale infatti agli anni Settanta il lascito di alcuni terreni da parte della nobildonna alla parrocchia di San Pietro. Un grande dono fatto con il vincolo che i beni da essi ricavati servissero per il sostegno ai poveri. I terreni vennero poi espropriati dal Comune, dietro pagamento alla parrocchia dei famosi 4 milioni.

La chiusura del monastero sorto nel 996

Soldi che però una decina d’anni fa hanno cominciato a diventare protagonisti di diverse operazioni bancarie che hanno attirato l’attenzione della Guardia di Finanza, insospettita in particolare dalla nascita di un trust con scopi generici. Non quindi ciò che aveva chiesto la nobildonna con l’eredità lasciata. La vicenda segna anche la chiusura del monastero di S. Pietro, sorto quasi un millennio fa (sede di una delle prime comunità monastiche modenesi a partire dal 1996 , custodisce preziose opere del Rinascimento modenese) e ricostruito negli ultimi decenni. La grande crisi delle vocazioni e l’inchiesta hanno dato il colpo finale. Di qui la decisione della chiusura presa direttamente dall’Ordine dei Benedettini e comunicata alla Curia.

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