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La ricerca disperata di un’arma per uccidersi, un amico che promette aiuto e poi lo lascia nelle mani di due aguzzini, accusati di averlo preso a botte, rapinato e costretto a praticare un rapporto orale a uno dei due. È quanto accaduto a ottobre 2022 a un ragazzo di 20 anni, che ha raccontato agli inquirenti una serata da incubo vissuta quando già era all’apice della fragilità. Il pm Barbara Badellino della procura cittadina ha aperto un fascicolo per rapina, lesioni e violenza sessuale a carico di due uomini, un 25enne di nazionalità senegalese e un marocchino 35enne, che ora dovranno risponderne a dibattimento, dove sono difesi dagli avvocati Luca Tommaso Calabrò e Ilenia Albanese. Entrambi sono finiti in carcere dopo le ricerche dei carabinieri e sono tuttora sottoposti a misura cautelare.
Quella sera gli operanti avevano trovato il ragazzo seminudo e sotto choc per strada, a breve distanza dal luogo della presunta violenza. Agli inquirenti aveva raccontato di soffrire di depressione e di essere arrivato a Torino per procurarsi una pistola, che meditava di usare per togliersi la vita. Per farlo si era rivolto a un conoscente che lo aveva condotto dai due uomini, di cui uno con precedenti, in una ex scuola abbandonata nel quartiere Barriera di Milano, un’area isolata e nascosta alla strada dalle piante. Lì il ragazzo ha raccontato di essere stato preso a pugni e schiaffi, spogliato di tutti i suoi abiti, dell’orologio e di uno zainetto con dentro telefono, denaro e documenti. A quel punto uno dei due se ne sarebbe andato col bottino, mentre l’altro avrebbe costretto il ragazzo a praticare un rapporto orale a suon di pugni alla testa.
Le ricerche hanno portato i militari prima in una baracca dove viveva uno degli accusati e dove hanno trovato il cappellino che indossava la vittima: proprio quell’accessorio lo ha “incastrato” e ha portato al suo arresto. All’udienza di convalida però il gip ha negato la custodia cautelare e lo ha rimesso in libertà per assenza dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico. A seguito del ricorso presentato dal pm, però, il Riesame ha ribaltato l’ordinanza del gip e l’uomo è finito dietro le sbarre. Il presunto complice è stato identificato tempo dopo all’esito di una perquisizione, nel corso della quale i militari gli hanno trovato addosso il portafoglio con dentro una foto del 20enne. Per cercare riscontri alla sua versione, durante le indagini è stato anche effettuato un prelievo di Dna dal cavo orale della vittima, alla ricerca di tracce biologiche, dal quale però non è stato possibile risalire ai presunti autori della violenza. Ora la palla passa ai giudici, che dovranno verificare l’attendibilità del ragazzo e acquisire ulteriori riscontri al suo racconto.
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