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Vanessa era già stata presa di mira da un altro stalker, che l’aveva presa per il collo sul cancello di casa perché lei rifiutava le sue avances. Anche in quell’occasione aveva denunciato il suo persecutore, un cliente del supermercato dove lei lavorava. Ma all’apertura del processo, a ottobre del 2022, aveva ritirato la querela e il procedimento si era concluso con un nulla di fatto: sentenza di non luogo a procedere per remissione di querela.
LA VICENDA
Il 49enne marocchino si era invaghito di lei nell’estate del 2021. Con il pretesto di segnalarle un fantomatico furto tra le corsie dell’Eurospin era riuscito a farsi dare il suo numero di cellulare. Le sue intenzioni, però, erano ben diverse. Il 49enne ha iniziato a tampinarla di messaggi WhatsApp chiedendole appuntamenti. Visto che le sue attenzioni non erano ricambiate, aveva intensificato il pressing: e per due settimane le aveva reso la vita impossibile. Tra il 22 luglio e il 4 agosto l’aveva aspettata più volte nel parcheggio del supermercato, spingendosi fino a casa sua, tanto da procurarle un costante stato di ansia. Vanessa aveva sopportato finché lo stalker le aveva messo le mani addosso. Il 49enne l’aveva presa per il collo sul cancello di casa sua. Era il 4 agosto del 2021. La 26enne era andata a sporgere querela il giorno stesso alla stazione dei carabinieri di Riese, la stessa a cui si sarebbe poi rivolta due anni dopo per denunciare l’ex amante kosovaro.
IL PROCESSO
La querela era sfociata nel processo a carico del 49enne sebbene la parte offesa avesse espresso la volontà di ritirare la querela già prima dell’udienza preliminare.
LA SOTTOVALUTAZIONE
Intanto, dopo le ammissioni del procuratore di Treviso a proposito della sottovalutazione della situazione di pericolo per Vanessa che aveva presentato una denuncia contro Fandaj, accompagnata dal marito e padre del loro bimbo di 4 anni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha chiesto agli uffici competenti del Dicastero di acquisire negli uffici giudiziari una relazione dettagliata. Il procuratore Marco Martani ha assicurato piena collaborazione: «Mi aspettavo che da Roma arrivassero richieste di spiegazioni, visto il fascicolo d’inchiesta a carico di Bujar Fandaj e la mancata misura. Risponderò di conseguenza. Sono a completa disposizione».
GLI INTERROGATIVI
Le ipotesi di reato mosse contro Bujar Fandaj potevano portare ad agire prima per evitare che si accanisse contro Vanessa Ballan? A posteriori non si contano gli appartenenti al coro dei “sì”. Le procedure, però, secondo la relazione del pm Sabattini sono state rispettate. «È facile parlare con il senno di poi» ha anche sottolineato il procuratore Martani, evidenziando che non è stata violata alcuna norma. Già, perché la relazione scritta dal pm Sabattini parte da questa premessa ed elenca l’attività svolta per dare seguito alla denuncia di Vanessa. E gli elementi in mano agli inquirenti avevano bisogno di ulteriori accertamenti. Fandaj, di fatto, era (ed è) incensurato, e al di là delle condotte persecutorie poste in essere per cui era stato denunciato non aveva dato segni di pericolosità tali da presupporre azioni violente. Messaggi intimidatori e video compromettenti erano stato cancellati dalla vittima, e la Procura, facendo scattare immediatamente in Codice Rosso il 26 ottobre, il giorno successivo aveva proceduto a perquisire l’abitazione del 41enne e a sequestrare i suoi supporti informatici, in primis i quattro cellulari. Dispositivi che, dopo una rapida copia forense, erano stati fatti analizzare. La Procura era in attesa della relazione sui contenuti (che è stata depositata giovedì). In base ai risultati sarebbe presumibilmente scattata la richiesta di divieto di avvicinamento. Non si è fatto a tempo. Anche perché Fandaj, da quando ha ricevuto la visita della polizia giudiziaria, non ha più dato fastidio a Vanessa. Sembrava si fosse rassegnato alla fine di quella relazione, e che dunque la querela avesse sortito gli effetti sperati.
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