Sanità toscana, amnesie e piccoli calcoli

admin
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A un certo punto, passata la mattinata in cui si è ritrovato quasi a supplicare i suoi del Pd e i suoi ex compagni di partito ora in Italia viva a stare buonini, a non litigare, si era sparsa la voce che il presidente Eugenio Giani, non fosse riuscito a frenare la sua atavica necessità di essere ovunque e di occuparsi di tutto. Non era presente in Consiglio e l’agenzia Ansa batteva dichiarazioni del governatore da Montecatini per la presentazione del progetto di riqualificazione della stazione dei treni. Forse per una volta non è andata così. Tuttavia Giani è ricomparso in Consiglio col volto stravolto sul suo scranno di presidente nel tardo pomeriggio, poco prima che cominciassero le operazioni di voto.

Nella lunga giornata in cui alla fine è passato l’aumento dell’Irpef — un salasso per pochi toscani (circa il 27%), e all’80% dipendenti e pensionati — che servirà a coprire il disavanzo della sanità dopo il «pacco» del governo il filo su cui è rimasto appeso il Consiglio regionale non lo reggeva Giani, ma gli alleati di Italia viva.

La domanda ricorrente nel gruppo pareva essere una e una soltanto: e ora come se ne esce senza far crollare tutto? Votiamo no all’aumento dell’Irpef, ma usciamo dall’aula per non dover votare il bilancio, abbassare il quorum e non far cadere la maggioranza. Seconda ipotesi: votiamo no all’aumento dell’Irpef e votiamo sì al bilancio (un controsenso). Terza ipotesi: usciamo dall’aula e non votiamo nulla. Così è andata alla fine, nella maniera più indolore (per loro): stiamo in maggioranza, governiamo questa regione insieme al Pd da anni, ma noi sul come la Toscana sia arrivata ad essere costretta ad aumentare l’Irpef non c’entriamo nulla.

Italia viva, con la sua esponente di punta, Stefania Saccardi, ieri mattina aveva ribadito il renziano pensiero: non assumersi la responsabilità della stangata. E dunque, approvare il bilancio senza aumento dell’Irpef, provare a riscuotere i soldi del payback, quelli che dovrebbero rimborsare le aziende produttrici di dispositivi medici per una legge fatta proprio dal governo Renzi. E poi, se quei soldi non arriveranno la decisione di aumentare le tasse dovrà prenderla il governo. Magari a ridosso delle elezioni (già, le elezioni, il convitato di pietra di tutta questa vicenda).

Poco importa se con il piano di rientro l’Irpef schizzerà ai massimi per tutti, l’importante è che non ci sia la nostra firma sotto. E poco importa, o meglio si può anche far finta di dimenticare che a dire queste cose sia stata Saccardi che non ha paura «di tornare a lavorare» anche se è pur sempre la vicepresidente della Regione che nella passata legislatura è stata assessora alla salute (mentre l’attuale capogruppo, Stefano Scaramelli è stato presidente della Commissione sanità).

Poco importa se proprio il modello di sanità da lei sostenuto, ospedalocentrico, privato sociale (trasporti gratuiti come succede solo in Toscana e badantato) non fosse più sostenibile. E che non lo fosse lo si era capito da tempo. Ben prima degli ultimi mesi quando già si era intuito che la partita del payback era in salita e si sarebbe potuta intraprendere una dura battaglia politica contro il governo mollando la strada degli ammiccamenti o studiare una manovra fiscale più equa magari toccando anche il bollo delle auto di lusso. Ma come spesso succede in questi tempi non di politica ma di politicismo è meglio conservare piuttosto che riformare e mettere la firma sotto scelte anche dolorose. Alla fine, tanto rumore per nulla.

Anche se poi pare essere passata la linea più corretta: l’impegno a restituire ciò che sarà tolto ai toscani già nel 2024 o successivamente in servizi, migliorandoli. E forse la comprensione che così, la nostra sanità (e non solo) se vuole sopravvivere non può andare avanti.

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