interferente endocrino o sostanza sicura?

admin
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La vitamina D è una delle grandi protagoniste del mercato degli integratori degli ultimi anni. Questo perché a essa o, per meglio dire, al suo precursore, la forma D3 o colecalciferolo, attivata dall’organismo, sono stati dedicati centinaia di studi che hanno suggerito le più diverse virtù terapeutiche, spesso senza prove convincenti.

D’altro canto, molte persone, quasi sempre senza saperlo, ne hanno livelli bassi, e per questo sono invitate ad assumerne in varie forme. Ora però dalla Francia arriva una doccia fredda che, se non saranno introdotte modifiche, potrebbe stravolgere il mercato degli integratori e dei cibi fortificati. Secondo nuove norme, infatti, la D3 sarebbe classificata come interferente endocrino e, per questo, qualunque prodotto o alimento che ne contenga più dello 0,1% in peso andrebbe debitamente segnalato, con diciture specifiche.

Capsule molli di integratori alimentari di vitamina d

Vitamina D per eliminare i roditori

Tutto ha avuto origine da un documento della European Chemical Agency che, nell’ambito del regolamento sui biocidi (528/212), in particolare su quelli utilizzati per eliminare i roditori, che contengono elevatissime quantità di vitamina D, ha definito la stessa interferente endocrino, in quanto dotato di attività ormonale endocrina e, quindi, capace di perturbare gli equilibri fisiologici. Oltretutto, la vitamina D è lipofila, e quindi quella presente in eccesso non è smaltita, ma si accumula nell’organismo. Tale definizione è stata recepita nella legge francese contro lo spreco e per l’economia circolare, che vuole responsabilizzare i cittadini nei confronti di oggetti e merci domestiche, compresi gli alimenti.

Da questo punto vista, l’idea è che sapere che un cibo arricchito con vitamina D potrebbe interferire con il sistema endocrino, potrebbe convincere le persone a non acquistarlo, piuttosto che comprarlo, e poi magari buttarlo via per timore di conseguenze sulla salute, o perché ritenuto non necessario.

Una misura eccessiva

Com’era prevedibile, la norma ha destato un’accesa discussione, perché molti la considerano eccessiva, non giustificata, e ne temono le conseguenze negative sulle persone che hanno bisogno della vitamina. Tra gli scettici in prima fila c’è l’ANSES*, secondo la quale i rischi sarebbero reali solo in caso di un sovradosaggio, che potrebbe effettivamente interferire con diversi circuiti ormonali. Tuttavia, a sua volta, il sovradosaggio sarebbe un’eventualità abbastanza remota, e facile da prevenire. A tale scopo, per esempio, l’Agenzia consiglia di ricorrere, per i bambini, ai farmaci, più che agli integratori sebbene questi siano conformi a normative volte a garantirne la sicurezza. Questo perché “i foglietti illustrativi dei farmaci che contengono vitamina D garantiscono sulle confezioni informazioni leggibili, precauzioni d’uso, rischio di effetti avversi e sovradosaggio.

Inoltre, i medicinali sono soggetti a standard più elevati rispetto agli integratori alimentari per quanto riguarda la qualità delle materie prime, della produzione e del controllo del dosaggio in ogni lotto di produzione.”

bambino su alzatina
L’Anses consiglia di ricorrere, per i bambini, ai farmaci, più che agli integratori

Questo sarebbe sufficiente a evitare pericoli, mentre l’obbligo di etichettatura come interferente endocrino potrebbe far aumentare ancora il numero di francesi che si trovano in uno stato carenziale, già oggi attorno al 30%. Inoltre, visto che pediatri e medici consigliano la vitamina D in diverse situazioni, l’etichettatura di allarme genererebbe una grande confusione e sfiducia nei consumatori. Come ha ricordato ancora l’Agenzia, uno studio denominato INCA 3 ha dimostrato che l’assunzione media giornaliera dei francesi di vitamina D3 è di 3,1 microgrammi, cioè circa un quinto di quella consigliata (15 microgrammi/die).

Una normativa da migliorare

Infine, se passasse questo principio, bisognerebbe adottarlo anche ad altre sostanze (come ad esempio lo iodio), perché ve ne sono numerose che, avendo un meccanismo tipicamente ormonale, in alcune circostanze possono perturbare gli equilibri esistenti.

Se la normativa passasse, i consumatori potrebbero essere capaci di individuare gli alimenti che contengono D3 allo 0,1% o più grazie a Scan4Chem. Si tratta di un’app sviluppata nell’ambito del progetto europeo EU LIFE AskREACH, nato proprio per aiutare i consumatori a riconoscere immediatamente la presenza di qualche sostanza pericolosa per la salute. Tuttavia, ci si aspetta un ripensamento o, quantomeno, una riscrittura di una norma che, così com’è, appare eccessiva, nelle sue possibili conseguenze negative, rispetto allo scopo di prevenire il sovradosaggio (e lo spreco).

* L’ANSES è l’Agenzia francese per l’alimentazione, l’ambiente e la salute e sicurezza sul lavoro. È un ente pubblico che dipende dai Ministeri della Salute, dell’Ambiente, dell’Agricoltura, del Lavoro e del Consumo.

© Riproduzione riservata. Foto: AdobeStock, Depositphotos

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