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Si preannunciano affollatissime le manifestazioni che in tutta Italia domani segneranno la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne del 25 novembre, a una settimana dal ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin. In particolare la grande manifestazione nazionale convocata per il pomeriggio di sabato a Roma, con partenza dal Circo Massimo. A convocare il corteo, cui aderiscono molte sigle e partiti, l’associazione femminista «Non una di meno». Che ieri ha pubblicato l’appello che funge da piattaforma della manifestazione. La piazza di Roma, così come quella di Messina, non sarà neutra, fanno sapere le attiviste a chiare lettere sul loro sito. Come lascia intendere d’altronde anche il titolo/slogan portante della manifestazione: «TransfemministƏ ingovernabili contro la violenza patriarcale». Ma quanti, tra chi scenderà in piazza domani, avranno letto prima quella piattaforma? Pochi, troppo pochi, sostiene in un video diffuso oggi il leader di Azione Carlo Calenda. Che se lo è letto invece sino in fondo, e si è sentito in dovere di avvertire tutti i potenziali partecipanti – a cominciare da tutti i suoi famigliari – sui contenuti «esplosivi» di quel manifesto. «Credo ci sarà una grande partecipazione, perché le persone vanno là contro la cultura dei femminicidi, a favore di una società meno discriminatoria contro le donne. Però gli organizzatori hanno deciso di far uscire oggi la piattaforma per domani: e la piattaforma non è questa», accusa Calenda. Che ricorda come invece la piattaforma sia «anticapitalista, dunque di estrema sinistra, contro il governo e contro Israele e il suo “militarismo”. Non è nominata l’Ucraina, perché gli stupri contro le ucraine non ci sono stati, così come non è nominata Hamas, che pure il 7 ottobre ha perpetrato stupri e per la cui ideologia islamista le donne sono inferiori agli uomini, e le persone Lgbtq+ vengono fatte volare dai grattacieli». A riprova della sua ricostruzione, Calenda ha pubblicato sul suo profilo un estratto del manifesto in cui si accusa il governo italiano «di essere complice di genocidi in tutto il mondo e schierandosi in aperto supporto dello stato coloniale di Israele, appoggia di fatto il genocidio in corso del popolo Palestinese». Peccato, chiosa Calenda, perché in questo modo Non una di meno provoca «un danno per il femminismo, perché taglia con l’accetta» il suo campo, escludendo chiunque non sia sulle sue posizione di estrema sinistra e antioccidentali. «Questo è un modo di fare politica che non affronta le questioni, ma le usa», conclude il leader di Azione, invitando tutti i suoi seguaci a radunarsi nelle altre piazze anti-violenza sulle donne cui ha aderito il suo partito.
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