«Volevo andare a vivere con Desyrée. Renée? Si muoveva ancora, l’ho finita»

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«Volevo suicidarmi, loro hanno visto che avevo la pistola in pugno e si sono messe a urlare. Non so perché ho sparato a Renée e Nicoletta. E comunque se avessi voluto uccidere anche Desyrée lo avrei fatto. Ma non ho voluto». Per quanto assurda possa sembrare, questa è la versione che Christian Sodano, 27 anni, maresciallo del Reparto aeronavale in servizio a Ostia, ha fornito nella notte di martedì agli investigatori della Squadra mobile di Latina che lo hanno fermato per duplice omicidio e tentato omicidio a Cisterna di Latina. A riportare le sue parole è l’avvocato che lo difende, Lucio Teson, che attende nei prossimi giorni l’esito dell’udienza di convalida davanti al gip per mettere a punto una strategia che possa evitare l’ergastolo al suo assistito. Compreso il ricorso alla perizia psichiatrica. «Anche se a questo punto mi pare ancora presto per parlarne», sottolinea.

Incapace di accettare la fine della relazione 

Quella di Sodano è una ricostruzione dei fatti opposta in tutto e per tutto a quella della Procura di Latina, che il pm Valerio De Luca e gli investigatori guidati dal dirigente Mattia Falso hanno potuto completare anche grazie alla testimonianza di Desyrée Amato, 22 anni, fidanzata del finanziere, sopravvissuta agli spari nella villetta di via Monti Lepini, al quartiere San Valentino, che hanno invece ucciso la sorella minore Renée, di 19, e la madre Nicoletta Zomparelli, 46 anni. Se per l’accusa il movente del duplice omicidio è l’incapacità di Sodano di accettare la fine della relazione con Desyrée, il 27enne ha invece spiegato tutt’altro.

«Lei non mi dava certezze sul nostro futuro insieme»

«Le avevo chiesto di venire a vivere con me a Latina, ma lei non mi aveva ancora dato una risposta. Era dubbiosa. Volevo dare una svolta alla nostra storia per capire quanto valesse – ha riferito il finanziere, sempre attraverso il suo legale – Continuava a non darmi certezze, non è vero che mi aveva lasciato. Ne avevamo parlato anche nei giorni scorsi. Da poco eravamo andati in vacanza 4-5 giorni a Cuba con la sua famiglia, stavamo bene. Ma io volevo che andassimo ad abitare insieme». Sempre all’avvocato Teson, Sodano ha riferito che «lunedì sera è stata Desyrée a insistere affinché rimanessi a dormire a casa sua. Non era mai successo prima, ma non mi sentivo bene. Avevo marcato visita al lavoro. Abbiano cenato, poi abbiamo dormito fino all’ora di pranzo di mercoledì. È stato allora che abbiamo cominciato a discutere perché lei non mi dava la risposta che attendevo».

«Non ho dato la caccia a Desyrée»

A un certo punto la situazione è degenerata: «Sono uscito nel parcheggio fuori dalla villetta e ho preso la pistola dalla mia auto. Volevo togliermi la vita davanti a lei. Sono rientrato in casa armato, ma Desyrée si è messa a gridare ed è scappata via. È stato allora che sono comparse la madre e la sorella. Hanno urlato anche loro. Non mi hanno aggredito, non c’è stata colluttazione. Ma ho sparato a tutte e due». Il motivo rimane un mistero, almeno per ora. «Desyrée si è chiusa in bagno, non le ho dato la caccia – ha assicurato Sodano al legale – l’ho cercata, chiamata un paio di volte. Non mi ha risposto. Sono rientrato in casa: Renée era ancora viva, si muoveva: le ho sparato altri due colpi per non farla soffrire. Poi sono andato via in auto. Ho telefonato a mio zio, mi ha detto di aspettare la polizia a casa sua a Latina. Una volta arrivato in via Sgambati, ho tolto il caricatore dalla pistola e ho appoggiato entrambi sul divano. E ho atteso alla finestra che mi venissero a prendere».

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