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Tendi a dimenticare nomi, luoghi, fatti, ricorrenze? O semplicemente dove hai lasciato gli occhiali o le chiavi di casa? Se mangi questi cibi la tua memoria farà passi da gigante.
Oggi viviamo più a lungo rispetto alle generazioni precedenti, ma con una maggiore aspettativa di vita possono presentarsi alcuni svantaggi legati all’età. Non a caso la demenza e il deterioramento cognitivo sono in aumento e saranno un fenomeno sempre più comune negli anni a venire.
Ma l’aspettativa di vita più lunga non è l’unica causa del peggioramento della nostra capacità di ragionare e ricordare. Altri fattori come la dieta, l’esercizio fisico e l’abitudine al fumo, possono avere un impatto drammatico sulla salute cognitiva. Uno studio del 2022 pubblicato sulla rivista Nutrients evidenzia che ci sono “diversi componenti dietetici, come carboidrati, grassi e ormoni, che influenzano la cognizione”.
“La frequenza di consumo di cibi sani o malsani è correlata a prestazioni cognitive migliori o peggiori negli anziani”, scrivono i ricercatori. “Sembrerebbe, quindi, che la nostra dieta influenzi direttamente la salute del cervello e la probabilità di sviluppare demenza e disturbi neurodegenerativi in età avanzata”. Se ti stai chiedendo quali siano gli alimenti migliori per potenziare la memoria, ecco la risposta.
Il menù perfetto per una memoria di ferro
- Verdure a foglia verde
Le verdure a foglia verde, come cavoli, rucola, bietole sono tra i migliori alimenti che stimolano la memoria. Una sola porzione giornaliera di verdure a foglia verde ha un effetto positivo sulle capacità cognitive, sicuramente grazie alle azioni neuroprotettive di luteina, acido folico, β-carotene e fillochinone. - Wasabi
Il wasabi, o ravanello giapponese, comunemente usato come guarnizione per il sushi, è un altro alimento che può migliorare notevolmente la memoria. 100 milligrammi di estratto di wasabi assunti ogni sera garantiscono un aumento “significativo” sia della memoria a breve termine che della memoria episodica. Un ingrediente antiossidante e antinfiammatorio chiamato 6-MSITC probabilmente innesca questi miglioramenti, riducendo l’infiammazione nell’ippocampo e migliorando la plasticità neurale. -
- Pesce grasso
Il pesce grasso è un’altra ottima aggiunta alla dieta per stimolare il cervello, purché lo si consumi con moderazione. Gli esperti suggeriscono di mangiare pesce almeno due volte a settimana, selezionando varietà a basso contenuto di mercurio, come tonno in scatola, salmone o merluzzo. Questo perché il pesce grasso è ricco di grassi sani e insaturi, chiamati omega, che possono contribuire a ridurre i livelli ematici di beta-amiloide, la proteina che può accumularsi in placche nel cervello delle persone con Alzheimer. - Noci
Ricche di proteine e grassi polinsaturi sani, anche le noci sono considerate benefiche per il cervello e la memoria. In particolare, contengono acido alfa-linolenico (ALA), un tipo di omega-3 che è stato collegato a una migliore salute del cuore e del cervello. Studi clinici sull’uomo hanno rilevato una correlazione tra il consumo di noci e il miglioramento delle prestazioni cognitive e della memoria. Le noci possono ridurre il rischio di malattie legate all’età a causa degli effetti additivi o sinergici dei suoi componenti con effetti antiossidanti e antinfiammatori. - Bacche
Uno studio del 2012 pubblicato su Annals of Neurology suggerisce che anche le bacche, ricche di flavonoidi antiossidanti e antinfiammatori, dovrebbero essere nel menu per i loro benefici di potenziamento della memoria. I soggetti che mangiano più mirtilli e fragole mostrano tassi di declino cognitivo inferiori. In particolare, bastano due porzioni a settimana per sperimentare significativi benefici. Le bacche contengono infatti una quantità particolarmente elevata di flavonoidi chiamati antocianidine, che sono in grado di attraversare la barriera ematoencefalica e localizzarsi nell’ippocampo, un’area del cervello nota per la memoria e l’apprendimento, spiega l’Alzheimer’s Association. I farmaci sperimentali e altre terapie alternative spesso falliscono perché non riescono ad attraversare la barriera ematoencefalica o raggiungere l’ippocampo.
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