Soldi dai pazienti per ridurre le attese, arrestati un medico e un’infermiera a Trani. “Creato sistema parallelo alla Asl”

admin
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Avrebbero approfittato dello stato di soggezione psicologica e di difficoltà emotiva in cui si trovavano persone gravemente malate e bisognose di una Tac, di un esame radiologico o di una risonanza magnetica per spingerle a pagare somme di denaro che avrebbero velocizzato i tempi di attesa. In più occasioni, come testimoniato dai video registrati dalle telecamere nascoste, avrebbero intascato dai 100 ai 150 euro per consentire ai pazienti di sottoporsi in modo immediato a un esame che altrimenti sarebbe stato eseguito dopo mesi.

Così, secondo quanto ricostruito dagli agenti della polizia di Stato coordinati dalla procura di Trani, avrebbero agito il dirigente medico della unità operativa di Radiologia del Presidio territoriale assistenziale di Trani, Franco Nemore e un’infermiera finiti entrambi ai domiciliari perché accusati in concorso e a vario titolo di concussione, peculato e truffa aggravata ai danni dello Stato.

Le indagini, che si sono concentrate nel periodo compreso tra febbraio e marzo dello scorso anno e iniziate dopo alcune segnalazioni, hanno accertato che i due professionisti avrebbero creato “un sistema parallelo rispetto al meccanismo di prenotazione e di attesa relativo alle prestazioni erogate dalla struttura ospedaliera, gestendo in modo privatistico il servizio di pubblica utilità della Asl Bat”.

Gli inquirenti si sono avvalsi di intercettazioni ambientali per ricostruire quanto avveniva nell’ufficio del dirigente medico dove i video hanno confermato che i pazienti pagavano in contanti dai 50 ai 100 euro ( e non pagavano il ticket) per sottoporsi velocemente a esami diagnostici e il medico o l’infermiera intascavano per poi dividere. Un occhi di riguardi anche per i paranti che saltavano liste d’attesa e ticket. Nemore inoltre, avrebbe attestato in modo falso la sua presenza in ospedale grazie all’aiuto della infermiera. Il medico avrebbe poi tentato di “inquinare il quadro probatorio” perché quando ha intuito di essere sotto indagine, avrebbe chiesto ad alcuni pazienti di buttare la documentazione ottenuta con l’esame provando così a limitare il danno.










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