Sanità, come integrare le prestazioni del Ssn: ecco le tre opzioni

admin
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Con meno di 300 euro all’anno circa 15 milioni di italiani si garantiscono le prestazioni della sanità integrativa. Quindi un taglio alle liste di attesa di Ssn e la possibilità di sottoporsi a controlli ed esami diagnostici senza l’ansia del costo. Dentista compreso (che invece il Ssn non copre). Ma si tratta di una cifra – modesta – che riguarda meno della metà dei soggetti (singoli lavoratori e rispettive famiglie) che ne avrebbero bisogno. Sono sostanzialmente quegli italiani che possono accedere ai fondi sanitari integrativi per lo più di origine contrattuale e che vedono il premio versato quasi totalmente dal proprio datore di lavoro.

Insomma, non si tratta di una scelta, ma di un beneficio collegato all’attività lavorativa e alla definizione contrattuale di una prestazione che può essere erogato attraverso la mutualizzazione del rischio.

Oltre ai fondi contrattuali

Gli altri? Dai lavoratori autonomi (la cui professione non è riconducibile a un ordine e quindi a una Cassa previdenziale, che spesso offre anche altre prestazioni di welfare, sanità compresa) ai pensionati devono arrangiarsi. In che modo? Più o meno sono tre le possibilità per integrare le prestazioni del Servizio sanitario nazionale:

  • Cassa mutuo soccorso (per lo più aziendale o territoriale): chi non ha un fondo sanitario di categoria (o vuole integrare ulteriormente le sue prestazioni) può ricorrere all’adesione di una cassa mutua. Ma le iscrizioni alle casse mutue sono “dedicate” (anche se non vincolate) a tipologie particolari di situazioni: dipendenza ad alcune aziende particolarmente sensibili alla dimensione sociale, oppure residenza in alcuni territori dove gli enti locali riescono a integrare le prestazioni del Ssn. L’iscrizione impone il versamento di una quota annuale che costituisce il patrimonio comune.
  • Polizze individuali: l’assicurazione sanitaria è sempre possibile, ma rischia di essere molto cara (manca la dimensione di mutualizzazione del rischio) e suscettibile alla rescissione anche unilaterale a fronte di possibili “eccessi” di morbilità.
  • Out of pocket: ovviamente è sempre possibile integrare direttamente, con i propri soldi, le prestazioni del Ssn, rivolgendosi a strutture sanitarie private. Per volume di spesa è questa la strada più praticata: circa 1.000 euro l’anno sono spese dagli italiani mettendo mani direttamente alle proprie tasche (poco più di 600 euro se si conta anche la spesa intermediata da fondi, casse e assicurazioni)

La spesa sanitaria pro capite, derivante dalla fiscalità generale più l’integrazione privata, è di circa 2800 euro all’anno. Molto meno della media europea; e molto molto meno di quella di alcuni grandi Paesi europei (in Francia e Germania solo la spesa pubblica pro capite in sanità è di circa 3500-4000 euro).

I principi del Ssn

Obiettivo del Servizio sanitario nazionale è garantire la copertura universale, e per la gran parte gratuita, e garantire allo stesso tempo la copertura totale a vantaggio delle persone affette da patologie croniche o che necessitano interventi urgenti.

L’istituzione del Ssn, che rientra tra i servizi pubblici, risale al 1978. I princìpi che lo animano sono:

  • universalità delle prestazioni sanitarie
  • uguaglianza, ovvero l’accesso alle cure senza alcuna discriminazione
  • equità, quindi una parità di accesso a parità di condizioni di salute

Il Sistema sanitario è sostenuto dai cittadini per mezzo della fiscalità generale, in proporzione al reddito di cui dispongono e attraverso il pagamento di un ticket, per le prestazioni sanitarie, da parte di chi è privo del diritto all’esenzione. Il ticket, introdotto nel 1982, deve essere pagato nei casi di:

  • esami diagnostici strumentali
  • esami di laboratorio
  • prestazioni non urgenti
  • cure termali

Viene riconosciuta l’esenzione nei casi di specifiche condizioni economiche o sociali, o in presenza di patologie croniche, come ad esempio le malattie oncologiche o il diabete, o ancora per condizioni di invalidità o stato di gravidanza.

Ciononostante circa 4 milioni di persone hanno letteralmente rinunciato alle cure (il 7% della popolazione nel 2022 rispetto al 6,3% del 2019).

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