quando è utile e quando fa male- Corriere.it

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Palpebre pesanti, sbadiglio facile, il divano che chiama come una sirena tentatrice. Dopo pranzo, specialmente fra le due e le tre del pomeriggio, capita a tanti di aver voglia di schiacciare un sonnellino. C’è chi non rinuncia e riesce a dormire un po’ perfino stando appollaiato su una sedia da ufficio, perché altrimenti per il resto della giornata non connette, ma pure chi, se nel primo pomeriggio si appisola, poi si sveglia con le idee più confuse di prima. Chi ha ragione? A giudicare dalle ricerche scientifiche potrebbero averla entrambi, perché molto dipende dalla durata del pisolino. Se è breve, meno di mezz’ora, può essere una buona idea e può fare addirittura bene al cervello: il cosiddetto «power nap» pare in grado, per esempio, di «ripulire» la memoria a breve termine per far spazio a nuove informazioni da immagazzinare, riuscendo così a migliorare la capacità di apprendimento; il sonnellino breve sarebbe anche capace di potenziare le funzioni cognitive e di memoria, mantenendole intatte più a lungo man mano che si invecchia, e un recente studio dell’University College di Londra su oltre 35mila persone ha verificato che contrasta pure la riduzione del volume cerebrale che si può avere con l’età.

Un sonnellino troppo lungo può essere segnale di Alzheimer

Guai però a esagerare

: se il pisolino dura oltre un’ora può essere a volte un segno precoce di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, ma soprattutto parrebbe associato anche a un maggior rischio di malattie metaboliche e può rivelarsi controproducente se si hanno disturbi del sonno. Tutto cambia però se si lavora con turni di notte, perché in tal caso una giusta strategia di sonnellini è indispensabile. Qual è, allora, la ricetta per il pisolino perfetto?

Il volume della materia grigia

Una notizia, pubblicata poco tempo fa sulla rivista Sleep, ha fatto esultare i fautori della siesta. Studiando oltre 35mila persone per la loro propensione genetica ai pisolini in relazione al volume del cervello, ricercatori dell’Università della Repubblica in Uruguay e dell’University College di Londra hanno verificato che se si è «programmati» per il sonnellino pomeridiano le dimensioni del cervello cambiano meno con l’andare degli anni. Il volume della materia grigia, che è un parametro di buona salute del cervello e si associa a una minor probabilità di andare incontro a malattie cognitive, è più ampio in chi regolarmente fa pisolini e in termini di invecchiamento cerebrale: un «risparmio» che va da 2,6 a 6,5 anni.

Un bisogno fisiologico

La prossima volta che ci cala la palpebra dopo pranzo, allora, possiamo cedere senza troppi ripensamenti? Sì, a patto però di puntare la sveglia per evitare di dormire fino al pomeriggio inoltrato, come spiega Lino Nobili, docente del Dipartimento di Neuroscienze, riabilitazione, oftalmologia, genetica e scienze materno-infantili dell’Università di Genova e vicepresidente dell’Associazione Italiana di Medicina del Sonno: «Il pisolino dopo pranzo è fisiologico: l’organismo nelle sue funzioni segue un ritmo circadiano di circa 24 ore, in cui nel primo pomeriggio si verificano sia un calo dei livelli di vigilanza sia un aumento della sonnolenza, indipendenti da quanto abbiamo mangiato. Un pasto pesante può accentuare l’effetto, ma avere sonno intorno alle due di pomeriggio è normale. A questo punto, dormire per 15 o 20 minuti può fare bene perché diminuisce la pressione del sonno e aumenta lucidità e prestazioni cognitive: dopo non ci si ritrova con la testa confusa come può accadere se si dorme più a lungo, per esempio 40 o 50 minuti, quando il risveglio avviene nel bel mezzo del sonno profondo. Un ciclo di sonno dura circa 90 minuti, perciò chi ha bisogno di dormire più a lungo per esigenze particolari, come i navigatori in solitaria, o per compensare un lavoro a turni dovrebbe semmai “concedersi” un ciclo intero così da avere poi il cervello ben vigile».

Gli effetti negativi della siesta lunga

La siesta lunga però è opportuna soltanto in questi casi, perché altrimenti sembra avere più che altro effetti deleteri: se per esempio viene usata per recuperare il riposo notturno, cercando di dormire un paio d’ore o più per raggiungere il fabbisogno di sonno complessivo della giornata, può rivelarsi controproducente perché poi diventa più difficile addormentarsi alla sera. Inoltre, le 7-9 ore necessarie in media a un adulto devono essere dormite al momento giusto e il sonno pomeridiano non è sovrapponibile a quello notturno. Anche per questo un sonnellino che si trasforma in una dormita fa male e non solo perché può complicare l’addormentamento serale, come sottolinea Luigi Ferini Strambi, responsabile del Centro di Medicina del Sonno dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano: «Molti studi hanno dimostrato come dormire abitualmente oltre un’ora al pomeriggio si associ per esempio a un maggior rischio di obesità e diabete, ma anche a un incremento di marcatori dell’infiammazione come la proteina C reattiva o la troponina: il pisolino troppo lungo “scompensa” gli equilibri metabolici. Tutto cambia invece se è breve: negli atleti riduce l’affaticamento e migliora le prestazioni fisiche; nelle donne in gravidanza, dal secondo semestre, porta benefici anche sul riposo notturno. Anche in merito alle performance cognitive, le conseguenze sono positive solo se la durata è contenuta: si è capito che nel primo pomeriggio non serve arrivare al sonno profondo, quello a onde lente che sappiamo essere importante per la memoria, perché i benefici cognitivi del pisolino sono legati alla comparsa dei cosiddetti fusi del sonno, elementi caratteristici del sonno di stadio 2, quello leggero».

Puntare la sveglia

Per una siesta rigenerante, insomma, è bene puntare la sveglia dopo mezz’ora o giù di lì. Inoltre, come fa notare Lino Nobili, «il bisogno incoercibile di schiacciare un pisolino o il fatto che non bastino pochi minuti di riposo per sentirsi bene e rigenerati possono essere spie della presenza di un disturbo o un debito di sonno. In alcuni casi, per esempio nei pazienti con apnee ostruttive notturne, i sintomi del disturbo del sonno possono peraltro manifestarsi anche nel pisolino, che quindi non è “compensatorio”».

Anziani

Particolare attenzione a evitare che il pisolino si allunghi troppo occorre nel caso degli anziani, perché con l’andare degli anni il ritmo circadiano cambia, il fabbisogno di sonno può leggermente diminuire ma soprattutto si tende ad avere un anticipo di fase, ovvero ad avere sonno prima la sera ma anche a svegliarsi molto presto al mattino: magari si dormono comunque 6-7 ore però dopo un risveglio antelucano un pisolino diventa irresistibile e se la durata si allunga, oppure se si dormicchia anche in tarda mattinata o prima di cena, il rischio di compromettere il sonno notturno è concreto. «Il sonnellino pomeridiano breve fa bene agli anziani, che tornano a un ritmo più simile a quello dei bimbi perché questo li aiuta ad avere una funzione cognitiva migliore nella seconda parte della giornata. L’importante è mantenere un ritmo generale delle attività, evitando che i pisolini diventino frequenti e irregolari», conclude Nobili.

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