«Mangiare sano è fondamentale, per la mente e per il corpo»

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«Non si curano le malattie, ma si curano le persone». È questo suo motto che riduce le distanze tra due esperienze di vita lavorativa apparentemente lontanissime, ma in realtà molto più legate di quanto si possa pensare. Perché è anche attraverso l’alimentazione, sana e corretta, che passa la salute e il benessere. Micol Pifferi, dal 2021 alla guida del caseificio di famiglia Matricola 300 di Casalgrande (Reggio Emilia) di Parmigiano Reggiano, ha un lungo passato come oncologa e l’attività di medico l’ha esercitata per anni e anni, fino a quando ha deciso di rivoluzionare la propria professione. Oggi, quel rapporto reciproco che si riesce a instaurare tra medico e paziente le manca come l’aria, eppure non tornerebbe indietro.

Micol Pifferi, cosa l’ha portata a questa piccola grande rivoluzione?
«Ho amato profondamente la medicina e, come dico spesso, sono stata e sono molto fortunata grazie a una professione sempre per me appagante. Ormai tre anni fa ho poi deciso di intraprendere una nuova strada, dedicandomi completamente all’azienda di famiglia, una realtà che affonda le radici molti anni addietro. Tutto si deve a mio nonno paterno, un pioniere della ceramica che ben presto ha cominciato a dividersi tra quest’arte e l’agricoltura. Ricordo bene quando ha acquistato l’azienda agricola: avevo dodici anni e poco dopo è arrivato il caseificio. Ho fatto mia la filosofia del nonno: la terra salva sempre».

Oggi Matricola 300 che realtà è?
«Abbiamo una filiera cortissima, tutta del territorio e frutto di scelte di qualità e nel rispetto del disciplinare del Parmigiano Reggiano. Circa il 70% della produzione è totalmente nostra, circa il 30% da consorzi di produttori che abbracciano la nostra stessa filosofia. Seguiamo tutta la filiera di produzione fino al consumatore finale, passando per la stagionatura e il negozio, perché abbiamo anche uno spaccio. In media produciamo dodici forme al giorno con diverse stagionature, alcune anche di 70 mesi. Organizziamo anche tour per conoscere il nostro mondo».

Ci sono punti di contatto tra il lavoro attuale in caseificio e quello da oncologa?
«Le persone e la loro salute. Si curano le persone, non le malattie. In questo una sana alimentazione è fondamentale, dà un senso di soddisfazione e di appagamento anche per la mente oltre che per il corpo. Inoltre credo sia faccia bene conoscere la qualità delle materie prime, la filiera controllata, il benessere degli animali fin dal principio».

Cosa le manca di più del lavoro di oncologa?
«Il rapporto tra medico e paziente, che è un rapporto reciproco: uno entra nella vita dell’altro».

E di cosa non potrebbe più fare a meno di quello attuale?
«Sempre il rapporto con le persone, perché sono loro che fanno sempre la differenza. Ma mi piace molto anche il rapporto con il tempo. Per arrivare a mangiare il Parmigiano Reggiano ci vuole pazienza, attesa, sguardo proiettato avanti. È così da sempre, un rito antico».

Se tornasse indietro cambierebbe qualcosa della sua vita?
«No, ogni tassello è stato importante e fondamentale per quello successivo. Rifarei tutto e, ripeto, credo di essere molto fortunata, anche in questo».

Obiettivi per il futuro?
«Si può sempre fare di più, specie in rapporto alle persone e ai clienti. E anche nei confronti del territorio, per mantenere i legami e restituire qualcosa. Stiamo ragionando anche su progetti per il sociale».

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