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Nel Nord America, un numero allarmante di cervi è vittima della patologia da deperimento cronico (CWD), meglio nota come “malattia del cervo zombie“. Si tratta di una patologia neurologica che ha attirato l’attenzione degli scienziati e che ha destato in loro preoccupazione. Bava alla bocca, occhi spenti e serie difficoltà nella coordinazione sono alcuni dei sintomi riscontrati negli animali colpiti dai prioni, cioè delle particelle infettive proteiche che causano danni al cervello. Ma perché questa notizia sta facendo il giro del web con insistenza? In primo luogo, va detto che non esistono un vaccino o una cura efficaci per risolvere il problema.
A far scattare l’allarme, però, è anche il fatto che un cervo malato può infettare gli altri. Se questo dovesse accadere, ci ritroveremmo con interi ecosistemi in pericolo e con numerosi animali in difficoltà. Ma arriviamo all’interrogativo che più sta incuriosendo i lettori. La “malattia del cervo zombie” può avere delle ripercussioni sulla salute dell’essere umano? Secondo uno studio apparso su The Journal of Neuroscience ci sarebbe una “sostanziale barriera di specie per la trasmissione della CWD degli alci agli esseri umani” e quindi la trasmissione della patologia sarebbe alquanto difficile. Tuttavia, come riporta Wired, sebbene per ora non siano noti casi di encefalopatie umane riconducibili alla malattia da deperimento cronico, l’esposizione diretta e indiretta non va sottovalutata. In caso di salto di specie, poi, potremmo avere serie difficoltà.
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