L’assistenza virtuale inguaia Air Canada: l’AI si inventa una promozione e ora la compagnia deve rispettarla

admin
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Air Canada è stata costretta dai giudici a rispettare una politica di sconto inesistente, inventata dall’assistente virtuale interpellato da una cliente. Jake Moffatt si trovava a Vancouver quando morì la nonna, nel novembre del 2022, a Toronto. Appena ricevuta la notizia, la donna aprì il sito di Air Canada per prenotare un volo dalla capitale della Columbia Britannica a quella dell’Ontario. Il volo, come quasi sempre accade prenotandolo all’ultimo minuto, si rivelò molto costoso. Ma Moffatt lo comprò lo stesso, consapevole che Air Canada dispone di una particolare politica che garantisce sconti in caso di lutto. Sarebbe bastato – le aveva spiegato il chatbot di assistenza automatico basato sull’intelligenza artificiale – chiedere il rimborso entro 90 giorni. Un’informazione falsa, un’allucinazione, dato che il regolamento di Air Canada indica esplicitamente che gli sconti per lutto possono essere richiesti ed ottenuti solo in fase di prenotazione, non dopo.

L’assistente spingeva affinché la donna comprasse il volo il prima possibile

Ma questo non era quello che il chatbot incoraggiava Moffatt a fare. Anzi, l’assistente virtuale spingeva affinché la donna acquistasse il volo il prima possibile. Tornata dal viaggio, la donna ha continuato a seguire il consiglio che le aveva dato il chatbot, richiedendo un rimborso entro il termine stabilito di 90 giorni. Terminata la procedura, con disappunto Moffatt ricevette un’email in cui un dipendente della compagnia aerea, questa volta reale, le spiegava che avrebbe dovuto chiedere il risarcimento durante la prenotazione. Per mesi, Moffatt ha tentato invano di convincere Air Canada a risarcirla, adducendo come prova il messaggio ricevuto dall’assistente virtuale: «Se devi viaggiare immediatamente o hai già viaggiato e desideri presentare il tuo biglietto per una tariffa ridotta per lutto, ti preghiamo di farlo entro 90 giorni dalla data di emissione del biglietto, compilando il nostro modulo di richiesta di rimborso del biglietto».

L’entità giuridica dell’assistente virtuale

Air Canada dal canto suo sosteneva che, poiché la risposta del chatbot era collegata altrove a una pagina con la vera politica di viaggio in caso di lutto, Moffatt avrebbe dovuto controllare quella. Invece di un rimborso, la cosa migliore che Air Canada si impegnava a fare era promettere di aggiornare il chatbot e offrire a Moffatt un coupon da 200 dollari da utilizzare su un volo futuro. Insoddisfatta della proposta, Moffatt ha rifiutato il buono e presentato una denuncia per «controversie di modesta entità» al Tribunale di risoluzione civile canadese. Il caso è diventato così materia di sentenza, con la compagnia aerea a sostenere di non essere responsabile delle azioni dell’assistente virtuale, in quanto questo sarebbe un’entità giuridica a sé stante.

Il rimborso

Air Canada sosteneva anche che la donna avrebbe dovuto fare affidamento a quanto scritto sul sito, e non a quello che le veniva comunicato dal chatbot. Non la vedono allo stesso modo i giudici canadesi, secondo cui non c’è motivo per cui un cliente dovrebbe valutare la veridicità di due versioni della stessa informazione che appaiono sullo stesso sito. Così, il 14 febbraio hanno emesso la loro decisione. Il tribunale ha stabilito che Moffatt aveva diritto a un rimborso parziale di 650 dollari canadesi sulla tariffa originale, che era di 1.640 dollari canadesi, oltre a ulteriori danni per coprire gli interessi sul biglietto aereo e le spese del tribunale. Air Canada ha risarcito la donna come previsto. Ma intanto sul sito della compagnia non c’è più traccia del chatbot.

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