la strategia per affrontare il 2024

admin
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La strategia 2024 per affrontare le ondate di migranti che potrebbero ancora una volta investire le coste italiane (ma anche la frontiera terrestre orientale, dove termina la rotta balcanica) si muove su due canali: l’apertura effettiva dei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) e gli stessi rimpatri di profughi, ai quali non sarà riconosciuta la richiesta di asilo: se ne annunciano molti, vista la stima del 90% di domande presentate da persone che provengono da Paesi considerati sicuri, in base alle norme europee. 

Con la convinzione di poter contare sul Patto europeo, che potrebbe segnare una svolta a favore dei Paesi di primo approdo, come l’Italia appunto, anche con una più efficace ed equa redistribuzione a livello Ue, combinato con l’entrata in servizio dei due centri di identificazione ed accoglienza sul territorio albanese — in attesa della decisione il 18 gennaio prossimo dell’Alta Corte di Tirana, che ha sospeso il via libera all’accordo —, il Viminale si prepara ad affrontare un anno decisivo, in uno scenario internazionale sempre più complesso e carico di tensioni.

Calo di sbarchi anche per le condizioni meteomarine avverse

Il calo deciso di sbarchi nell’ultimo trimestre 2023 — addirittura con numeri inferiori a quelli del 2021 —, a fronte comunque di un aumento del 50% a livello annuale rispetto al 2022, viene messo in relazione non solo alle condizioni meteomarine stagionali — che tuttavia nel biennio precedente non hanno impedito agli scafisti di salpare con il loro carico di disperati — ma soprattutto all’aumento della collaborazione da parte delle autorità tunisine e libiche di contrastare le partenze verso l’Italia con maggiore efficacia rispetto al passato. Tenendo presente che solo a settembre proprio dalla Tunisia era arrivato il 360% di profughi in più.

Nei centri di accoglienza ci sono oltre 140 mila migranti

Ecco perché dal Viminale non si nasconde la soddisfazione per i risultati ottenuti negli ultimi 90 giorni: la partnership con Tunisi e Tripoli continuerà anche nel 2024 perché comunque a fronte di un sensibile aumento delle partenze di migranti, le loro motovedette ne hanno bloccate molte rispetto al passato. Fra le strategie dei prossimi mesi ci sarà dunque l’applicazione del progetto di sviluppo con questi Paesi — nell’ambito del nuovo Piano Mattei in Africa e nel Mediterraneo — perché questa viene considerata l’unica valida strada per contenere gli sbarchi, il rischio di nuove tragedie in mare e stabilizzare il sistema di accoglienza nazionale che, al 15 dicembre scorso, assisteva oltre 140 mila migranti, solo 35 mila dei quali inseriti nel Sistema di accoglienza e integrazione (Sai), a fronte di più di 155 mila persone sbarcate nel 2023.

Due centri di prima identificazione

Un quadro impegnativo che già nelle prime settimane del prossimo anno potrebbe vedere l’apertura di due nuovi centri di trattenimento e identificazione, dai quali far scattare espulsioni veloci, sull’impronta di quello in funzione da quattro mesi a Pozzallo (Ragusa), ma anche di almeno quattro Cpr in altrettante regioni (la dislocazione è ancora riservata). Si tratta delle prime strutture delle oltre dieci che il Viminale vuole aprire fuori dai centri urbani: l’idea è dotare ogni regione di una struttura e all’appello oggi mancano Liguria, Veneto, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Campania e Calabria. Il nodo rimpatri è delicato: ad agosto ne erano stati eseguiti poco più di 3 mila, con migliaia di casi ancora da esaminare.

Il Paese terzo sicuro

Il decreto Cutro — ora anche il Patto europeo sui migranti, che su molti aspetti riprende la strategia italiana — prevede uno snellimento delle procedure che però, come si è visto in autunno, si è scontrato con le decisioni di alcuni giudici. E ora si punta sul riconoscimento Ue del ruolo di un «Paese terzo sicuro», come l’Albania, dove trasferire i profughi e sulla riduzione da 24 a 12 mesi della responsabilità di un Paese di primo approdo per i migranti salvati in mare che si allontanano senza permesso verso altri Stati membri.

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