La Libia “non è un porto sicuro”, riportarci i migranti trovati in mare è reato: la sentenza della Cassazione che mette in discussione gli accordi del governo

admin
2 Min Read

[ad_1]

Consegnare migranti ai libici è reato, agevolare le intercettazioni dei guardiacoste di Tripoli configura il reato di “abbandono in stato di pericolo di persone minori o incapaci e di sbarco e abbandono arbitrario di persone”. Questo perché la Libia “non è porto sicuro” e il Codice della navigazione prevede che le persone soccorse in mare debbano subito essere portate in un luogo sicuro.

Adesso c’è una sentenza della Corte di Cassazione a fare giurisprudenza e a mettere in discussione tutta la politica dell’immigrazione italiana fondata sugli accordi che prevedono aiuti, sostegno e formazione alla Guardia costiera libica per frenare i flussi migratori. È la sentenza con cui è diventata definitiva la condanna del comandante del rimorchiatore Asso 28 che, a luglio del 2018, prese a bordo 101 migranti arrivati su un gommone nei pressi di una piattaforma petrolifera e li riportò in Libia consegnandoli alla Guardia costiera di Tripoli.

I giudici hanno sancito che si è trattato di un respingimento collettivo verso un Paese non ritenuto sicuro vietato dalla Convenzione europea per i diritti umani. Ai migranti è stato infatti impedito l’accesso alla protezione internazionale e sono stati riportati in un Paese dove notoriamente sono sottoposti a violenze e torture. Una prassi quasi quotidiana nel Mediterraneo che il governo italiano avalla con accordi e memorandum con la Libia. Tanto da multare e sequestrare le navi umanitarie che si sarebbero rifiutate di obbedire alle indicazioni della Guardia costiera libica sottraendo loro migranti su imbarcazioni in difficoltà.

Ora la sentenza della Cassazione che sancisce un principio che dovrà fare da guida a tutti i tribunali apre la strada ad una serie di ricorsi che potrebbero anche mettere in discussione la validità degli accordi Italia-Libia.

[ad_2]

Source link

Leave a comment