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Previsioni azzeccate. L’influenza ha imperversato con caparbietà tra Natale e Capodanno. Oltre alle nostre esperienze individuali (malati in famiglia o amici), lo confermano i dati del sistema di sorveglianza RespiVirNet gestito da Istituto superiore di sanità e ministero della Salute. Circa 18 italiani su 1.000 bloccati da sindromi respiratorie di varia natura.
Lattanti e bronchiolite
Non solo influenza ma anche bronchiolite, nemica dei lattanti, e altre forme con sintomi sovrapponibili. Febbre spacca-ossa, tosse, raffreddore, spossatezza. La rilevazione riguarda la settimana fino al 24 dicembre. La curva è in salita e si attende una ulteriore ascesa. È un livello più elevato di quello osservato gli scorsi anni nello stesso periodo. Battuto il record di 16 casi ogni 1.000 assistiti. Circa 1 milione e tredicimila persone contagiate negli ultimi 7 giorni. Soprattutto bambini fino a 4 anni (incidenza di 47 casi su 1000 abitanti), nella fascia 5-14 (20 su 1000). Una intensità molto alta è stata raggiunta in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Campania. La sorveglianza si basa sulle diagnosi differenziate di medici di famiglia e pediatri. È incompleta in quanto Valle d’Aosta e Calabria finora non hanno attivato la rete di segnalazioni.
Con gli studi medici chiusi e un’infilata di giorni festivi più lunga del solito, questa mescolanza di microbi ha spinto migliaia di pazienti nei pronto soccorso, «già sotto stress, tutto il sistema sta affrontando problemi e disagi», incalza Filippo Anelli, presidente della federazione degli ordini dei medici. Dal 23 al 26 dicembre le richieste al 118 sono aumentate del 40%, le ha contate Mario Balzanelli, presidente della società italiana sistema 118. Il 55% degli interventi ha riguardato patologie respiratorie.
Baci e abbracci
Il picco è anche il risultato del traffico di virus e batteri veicolati da baci e abbracci. Osserva Marco Falconi, direttore del centro malattie infettive dell’ospedale Cisanello di Pisa: «Raccomandare di limitare le manifestazioni d’affetto non sarebbe giusto, però una volta ricevuta la diagnosi di influenza dovremmo comportarci come per il Covid-19». Tradotto in comportamenti pratici, significa evitare i contatti stretti con persone anziane o fragili, restare a casa e non frequentare luoghi chiusi e affollati, se sono presenti sintomi. «L’ondata di sindromi respiratorie sta causando più problemi del Covid — insiste Falconi —. La differenza è che chi risulta positivo al Sars-Cov-2 la prende seriamente, si isola e indossa la mascherina. Chi è influenzato è al contrario convinto di avere una malattia banale». In realtà l’influenza è più spesso associata alla sovrapposizione di polmoniti batteriche.
Come regolarsi allora? Il consiglio, suggerisce Falcone, è eseguire un tampone differenziale, capace di distinguere quale virus abbiamo contratto. Per l’influenza il trattamento è, in linea generale e in assenza di altre problematiche di salute, uguale a quello per il Covid. Antinfiammatori, antipiretici, dieta ricca di acqua, tisane, camomilla. Almeno due litri al giorno visto che con la febbre se ne perdono 1,5 litri.
Febbre alta e dolori
Se dopo 2-3 giorni il termometro continua a indicare febbre elevata , la tosse è grassa e si avverte dolore al toracico potrebbe essere ipotizzabile una complicanza batterica. Solo in questo caso è previsto il ricorso ad antibiotici e su indicazione del medico. In genere in 5-7 giorni si arriva alla guarigione. Il virus influenzale prevalente è l’H1 N1, lo stesso che nel 2009 è stato protagonista di un’epidemia, ribattezzata come «suina». «Da allora ha circolato poco e quest’anno è tornato a farsi largo tra persone cosiddette suscettibili, che non lo avevano mai sperimentato, in particolare giovani e bambini», dice Giovanni Rezza, professore associato di igiene al San Raffaele di Milano.
La vaccinazione
La campagna vaccinazione anti Covid procede stancamente. L’adesione resta bassa nonostante nelle ultime settimane sia aumentata la richiesta di appuntamenti grazie anche agli open day organizzate in alcune Regioni. È introvabile, almeno nel Lazio, il vaccino proteico dell’azienda Novavax, alternativa a quello di Pfizer basato su una tecnica diversa. Eppure a fine novembre all’Italia è stato consegnato 1,5 milione di dosi.
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