Incidente Frecciarossa a Faenza, il macchinista al telefono era sceso e ha dimenticato il treno in folle

admin
10 Min Read

[ad_1]

Il 10 dicembre scorso vicino a Faenza un Frecciarossa viaggiava lungo la Ferrovia Adriatica in direzione Bologna: il treno si deve fermare a un semaforo rosso, ma inizia a muoversi in retromarcia per più di un chilometro fino a fermarsi tamponando un treno locale. L’urto tra il Frecciarossa 8828 Lecce-Venezia e il Regionale 1742 avviene a velocità contenuta e non ci sono state vittime, ma sei passeggeri riportano ferite lievi, un’altra decina qualche contusione.

Il treno sfrenato e il giovane ferroviere

Una fonte interna di Ferrovie rivela a Today.it che alla guida del Etr c’era un giovane macchinista: era al telefono col suo tutor per risolvere un problema a un carrello. Sarebbe sceso per andare a controllare il guasto, ma senza chiamare il capotreno in cabina come da protocollo, e lasciando il treno in folle. A causa del tracciato in leggera pendenza, il Frecciarossa si è mosso in retromarcia finendo per impattare contro un altro treno che ne ha così fermato la corsa. Trenitalia interpellata sul caso si limita a comunicare che sulla dinamica dell’incidente sono in corso approfondimenti e che è stata nominata una commissione interna per accertare i fatti. Quello che si esclude è che il macchinista abbia ricevuto pressioni dall’azienda “per compiere attività non conformi ai regolamenti o per velocizzare le operazioni, in quanto a bordo del treno viaggiava l’amministratore delegato di RFI Gianpiero Strisciuglio”. Al netto della dinamica, commenta la fonte, “se non ci fosse stato il treno regionale chissà dove avremmo recuperato il Frecciarossa”.

Incidenti a parte, sulle ferrovie italiane ogni giorno un treno AV su tre viaggia in ritardo. Sulle ferrovie regionali la situazione è pure peggiore. E poi ci sono le giornate in cui la linea si blocca per ore e i ritardi superano i cento minuti, come quelli registrati dal Frecciarossa con a bordo il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che ha chiesto e ottenuto di poter scendere in una stazione non prevista, appena fuori Roma. Per cercare di capire qualcosa di più sullo stato delle ferrovie italiane, Today.it ha interpellato il segretario della Uil Trasporti Lazio, Maurizio Lago.

Perché i treni di Salvini arrivano sempre più in ritardo

“Nell’ultimo anno – ci spiega il sindacalista – le performance delle ferrovie purtroppo segnano un ribasso. Un dato su tutti: l’indice di puntualità, su Roma, è passato dal 92 all’86 per cento. Si pagano due problemi. Il primo è che le infrastrutture nuove, quelle dell’alta velocità, sono arrivate a una fase di usura che richiede una manutenzione, l’altro è il ricambio generazionale”.

Che tipo di manutenzione?

“Innanzitutto una manutenzione straordinaria, di rinnovo e risanamento dell’armamento e dell’impiantistica delle telecomunicazioni. Dopo alcuni anni sono interventi necessari per non far decadere l’intera infrastruttura. E poi ci sono gli interventi di manutenzione ordinaria, che sono quelli che prevengono i guasti che poi causano i ritardi e i blocchi su tutta la linea: i più comuni sono quelli ai deviatori e alle segnaletiche; quando non funzionano i treni si devono fermare”.

Ogni quanto tempo vanno fatte le manutenzioni?

“La manutenzione straordinaria va fatta ogni quattro anni, quella ordinaria dipende dalla tipologia di intervento e può essere annuale, mensile o settimanale”.

Sembra un meccanismo quasi automatico, cosa si sta inceppando?

“L’infrastruttura è molto stressata: oggi sull’alta velocità circola un treno ogni cinque minuti e la manutenzione si può fare solo di notte, quindi i tempi di intervento sono molto ridotti rispetto ai tempi di usura. E poi c’è l’altro problema: quello del forte ricambio generazionale che ha coinvolto la categoria dei ferrovieri”.

Si spieghi meglio.

“I ferrovieri più anziani, che avevano l’esperienza e la conoscenza maturata sul campo sono andati in pensione e c’è stato un cospicuo ingresso di risorse giovani; diplomati e laureati che hanno tutti i titoli in regola, ma non conoscono l’infrastruttura, perché non c’è stata un’adeguata trasmissione della conoscenza. La ferrovia non è una fabbrica, è qualcosa che impari a conoscere col tempo. Le faccio un esempio: ci sono alcune linee che hanno dei problemi specifici, ad esempio il fondo argilloso su cui poggiano i binari; e richiedono interventi particolari per il livellamento. I vecchi ferrovieri certe cose le sapevano a memoria, i nuovi arrivati spesso ancora non sono preparati”.

“I nuovi arrrivati non conoscono l’infrastruttura, perché non c’è stata un’adeguata trasmissione della conoscenza. La ferrovia non è una fabbrica, è qualcosa che impari a conoscere col tempo”, spiega Maurizio Lago a Today.it

Quindi è il combinato disposto tra usura e nuove leve ancora impreparate che genera il disservizio?

“In larga parte sì, ma il tema della conoscenza dell’infrastruttura riguarda persino le governance: prima la dirigenza di Ferrovie veniva dall’interno, oggi i manager arrivano da altre realtà, ad esempio l’attuale amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Italiane, Luigi Ferraris, viene da Enel. Insomma, il problema riguarda l’intera struttura”.

Anche la strage di Brandizzo è figlia dei problemi sopra elencati?

“Assolutamente. Con la linea sotto stress, i tempi per la manutenzione diminuiscono e quindi, se per esempio una lavorazione richiede tre ore, due ore avvengono durante la sospensione del servizio e i lavori preparatori, in molti casi, vengono fatti quando i treni passano ancora: si privilegia la circolazione a discapito della sicurezza”.

Strage di Brandizzo, grida e squilli di tromba: lo strano manuale per schivare i treni 

“Ovviamente è una cosa che va contro la normativa – ci spiega il sindacalista Maurizio Lago – ma le ditte sono costrette a lavorare fuori dalle regole perché il tempo non c’è. E anche in questo caso, il ricambio generazionale rallenta le lavorazioni, perché le persone inesperte sono anche più lente”.

Sembra che la mancata formazione dei giovani sia il problema dei problemi…

“L’esperienza nel nostro lavoro fa tanto, anche nella parte che riguarda gli equipaggi e lo dimostra il recente incidente avvenuto a Faenza: il conducente era un ragazzo assunto da poco, che già due volte era stato fatto scendere dai treni e mandato in biglietteria. È stato poi rimandato a bordo, su una linea che neanche conosceva; quel treno, senza che nessuno se ne accorgesse, ha camminato per un chilometro a marcia indietro: anche i capotreno dell’altro convoglio non si sono accorti che il treno precedente stava andando nel verso sbagliato”.

“Il conducente del treno di Faenza aveva dato problemi ed era stato mandato in biglietteria. Quel treno, senza che nessuno se ne accorgesse, ha camminato per un chilometro a marcia indietro” spiega Maurizio Lago.

In questo contesto non certo rassicurante si collocano le vostre proteste contro il ministro Salvini. Cosa chiedete?

“Noi chiediamo di rivedere tutto, a cominciare dal trasporto pubblico locale. I fondi stanziati nella manovra sono insufficienti a garantire un servizio di qualità. Su Ferrovie, siamo contrari all’obiettivo della privatizzazione, che porterebbe a una compressione del servizio, perché come sappiamo il privato punta a fare utili e un sistema come quello dei profitti poco combacia con il servizio che devono offrire le ferrovie. Salvini ragiona con noi con la logica dell’uno vale uno, ma non si possono mettere tutti i sindacati, anche i più piccoli e meno rappresentativi, sullo stesso piano. Se uno vale uno, ci sono dei sindacati di comodo che a inizio anno occupano tutte le date disponibili nel calendario e bloccano le grandi associazioni sindacali. Noi continueremo a cercare il dialogo, ma il ministro non sembra molto propenso, dal momento che mette in discussione un diritto costituzionale dei lavoratori”.

Con le ferrovie in questo stato cosa pensa dei miliardi investiti per il ponte sullo Stretto?

“Intanto sullo Stretto bisogna arrivarci. E ricordo che abbiamo ancora linee regionali con i passaggi a livello, che oltre a non essere sicuri spesso si bloccano interrompendo la circolazione e creando grandi disservizi ai pendolari che si muovono verso i centri più grandi. Se dovessi consigliare delle priorità al ministro Salvini, gli direi che la prima è sopprimere i passaggi a livello e sostituirli con sovrappassi o sottopassi, poi semmai si può pensare al ponte sullo Stretto”.

Continua a leggere le inchieste di Today.it

[ad_2]

Source link

Leave a comment