Fondi disturbi alimentari, dietrofront del Governo: arrivano 10 milioni

admin
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Un disturbo alimentare non è una scelta, né è una dieta sfuggita di mano, né un comportamento consapevole di ricerca di attenzione. Un disturbo alimentare, paradossalmente, ha poco a che fare col cibo. Si tratta, infatti, di una malattia mentale complessa, a causa della quale una persona controlla maniacalmente l’assunzione di alimenti perché attraverso questo controllo crede di poter affrontare sentimenti e situazioni difficili, o problemi psicologici, spesso tenuti nascosti, come ansia, bassa autostima, depressione o traumi passati. I disturbi alimentari si manifestano in modo diverso tra loro, con comportamenti ossessivi nei confronti del cibo, che vanno dalla la restrizione di alcuni tipi, consistenze o colori degli alimenti, alla diminuzione drastica delle calorie con conseguente condizione di estremo sottopeso (anoressia), fino a modelli disordinati di alimentazione, come abbuffate (binge eating) o induzione del vomito (bulimia). Chiunque, indipendentemente dal background, dall’etnia, dal sesso, dalla forma fisica o dall’età, può sviluppare un disturbo alimentare. Ma non è solo questa loro natura randomica a renderli così insidiosi, lo è anche la difficoltà di arrivare prima ad una diagnosi, e poi ad un percorso di ricostruzione di sé. I disturbi alimentari, una volta diagnosticati, non rispondono a soluzioni rapide, ma richiedono cure a lungo termine con un approccio multidisciplinare. I segnali, inoltre, variano a seconda del tipo di disturbo e della gravità della sua morsa, ma qualsiasi attenzione eccessiva, così come qualunque comportamento che si focalizza solo nei confronti del cibo dovrebbe far suonare un campanello d’allarme.

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Foto di Farol 106 su Unsplash

Alan Bore, psicoterapeuta e co-fondatore del Surrey Center for Eating Disorders, una struttura che si trova in Inghilterra e che fornisce supporto ad adulti e bambini dai 13 anni in su, avverte che i disturbi alimentari possono essere difficili da individuare e che chi ha il sospetto che un proprio caro ne sia affetto, dovrebbe sempre fidarsi del proprio istinto: “Innanzitutto – ha detto in un articolo del The Telegraph pubblicato il 17 gennaio 2024 – i genitori dovrebbero essere consapevoli di eventuali cambiamenti nei modelli alimentari, così come ad all’intensificarsi dell’esercizio fisico. Se tuo figlio, per fare qualche esempio, inizia a saltare o evitare i pasti, oppure ti dice improvvisamente che ha mangiato prima, o, di nuovo, che prenderà qualcosa più tardi, o ancora, taglia il cibo in piccoli pezzi e ne mangia solo quantità molto piccole, ecco questi potrebbero essere tutti segnali che qualcosa non va”. Bore spiega che mentre alcuni comportamenti sono più evidenti – come alzarsi immediatamente da tavola per andare in bagno, o fare eccessivo esercizio fisico camminando per chilometri per andare a scuola e ritorno, avendo sempre preso i mezzi pubblici in precedenza – altri segnali sono più subdoli. “Tuo figlio potrebbe, ad esempio, dirti che vuole mangiare sano e provare a farsi carico della preparazione del cibo. Anche se, a prima vista, aiutare in cucina sembra una buona cosa, questo potrebbe essere un segno precoce di ortoressia, un disturbo alimentare che include un’ossessione per il cibo ‘puro‘”.

In Italia va come in Inghilterra e come, probabilmente, in tutto il mondo occidentale. Il biennio 2020-2022 ha visto i disturbi del comportamento alimentare diventare anche da noi una vera e propria emergenza sanitaria: una pandemia nella pandemia, che da allora a oggi riguarda circa 3,5 milioni di persone in Italia. Le persone che soffrivano di un disturbo dell’alimentazione e della nutrizione si sono aggravate, hanno avuto ricadute, in molti casi le cure sono state sospese e le domande di cura per i nuovi casi spesso sono state inevase. Se non controllati, i disturbi alimentari hanno un effetto devastante sulla salute fisica ed emotiva delle persone colpite e mettono a dura prova coloro che si prendono cura di loro. Tuttavia, il recupero è possibile. “L’intervento precoce è fondamentale – spiegavano in un documento congiunto la professoressa Anna Ogliari del San Raffaele e la dottoressa Graziella Boi del Dipartimento Salute Mentale di Cagliari – La ricerca mostra che quanto prima si ricerca il trattamento, tanto maggiori sono le possibilità di recupero”. Interventi precoci, diagnosi, trattamenti. Che cos’hanno in comune queste parole, oltre al fatto che riguardano la cura della salute, in questo caso fisica e mentale, di una persona che si è ammalata? Che per esistere hanno bisogno di soldi. Soldi per finanziare le strutture e i reparti, per pagare il personale, per investire in ricerche. Nel nostro Paese un po’ di soldi erano arrivati nel 2022, quando con il governo guidato da Mario Draghi il ministero della Salute aveva destinato al contrasto dei disturbi alimentari un finanziamento per tutte le regioni, che era ripartito in 15 milioni di euro per il 2022 e 10 milioni per il 2023. Per tutte le ragioni fin qui elencate, la notizia che la legge di bilancio redatta dal governo di Giorgia Meloni, avesse tagliato quei fondi aveva causato forti proteste. E forse anche per l’impopolarità generale di quella decisione, oggi è arrivato il dietrofront.

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Foto di Harper Sunday su Unsplash

Il dietrofront del Governo sui fondi per contrastare i disturbi alimentari

Il fondo per il contrasto dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sarà finanziato anche quest’anno, con 10 milioni di euro: lo ha detto il ministro alla Salute Orazio Schillaci annuncia nel corso di un question time alla camera. Marinella Di Stani, responsabile del Pdta dell’Ausl della Romagna e coordinatrice del tavolo tecnico regionale del programma Dca della Regione Emilia Romagna, aveva detto al Sole24Ore di essere a conoscenza, un giorno prima dell’annuncio di reintroduzione del fondo, che il ministro Schillaci stava “riflettendo sulla questione”. E aveva anche spiegato nel dettaglio a che cosa servono quei soldi. “Il 70% dei pazienti – dice Marinelli – può arrivare a guarigione dal sintomo, ma questo non vuol dire che non abbia bisogno di un trattamento altrettanto puntuale, multidisciplinare ed evidence-based così come altri malati. Stiamo aspettando dal ministero non solo i soldi: bisogna aumentare le tariffe di rimborso per i disturbi alimentari e accrescere il numero delle prestazioni gratuite all’interno del codice 005 che identifica la patologia di anoressia e bulimia. Anche gli esami del sangue, ad esempio: una ragazza bulimica che vomita tutti i giorni deve ripeterli almeno 2-3 volte alla settimana. Il dover pagare il ticket pone una questione di costi per le famiglie, costrette oltre che alla sofferenza a esborsi per esami che sono tanti e che si devono ripetere nel tempo. Il fatto che vada pagato un ticket, infatti, fa sì che le famiglie ricorrano più facilmente al ricovero sia in day hospital che in residenzialità perché durante il ricovero si assicurano cure tutte gratuite. Questa è una patologia ‘da territorio’, da seguire in équipe ambulatoriali e integrate, multidisciplinari, dotate di strumenti sia dal lato delle prestazioni psicologiche-psichiatriche sia sul fronte somatico. Cure che possono essere erogate in loco senza ricorrere al ricovero se non in casi eccezionali”. E alla domanda se qualcosa si fosse mosso, grazie ai 25 milioni stanziati due anni fa, risponde: “Assolutamente sì: ogni Regione ha già re impostato i servizi, si è data degli obiettivi e si è dotata di un tavolo tecnico e sta aprendo ambulatori. Stavamo andando nella direzione che il ministero ci indicava. Ora bisogna che continuino a sostenerci”. E il sostegno, come sperava Marinelli e come speravamo tutti, è tornato. Con il ministro Schillaci che interviene proprio sul tema delle esenzioni. “Nell’ambito dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, nello specifico, gli assistiti affetti da anoressia e bulimia – ha detto durante il question time- possono accedere a 16 nuove prestazioni di specialistica ambulatoriale appropriate per il monitoraggio della malattia, quali, a titolo esemplificativo: la visita di controllo necessaria al monitoraggio della malattia, delle complicanze più frequenti ed alla prevenzione degli ulteriori aggravamenti; la visita psichiatrica di controllo; il prelievo di sangue venoso; la psicoterapia, eccetera- La commissione Lea ha rilevato l’importanza di introdurre ulteriori nuove 16 prestazioni di assistenza ambulatoriale da concedere in esenzione”. Anche questo rinnovo del fondo potrebbe non essere sufficienti per affrontare le complessità della salute mentale che derivano dall’avere un disturbo alimentare, ma è certamente la seconda, necessaria parte di un nuovo inizio.

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