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I nuovi casi registrati nel 2023 sono stati 395 mila, oltre 1.080 al giorno. Circa 190 mila decessi annui, ma il 60% dei pazienti è vivo cinque anni dopo la diagnosi e più di un milione può considerarsi definitivamente guarito. Una manciata di numeri fotografa l’universo «cancro» nel nostro Paese ed evidenzia, da un lato, gli importanti progressi compiuti sul fronte della sopravvivenza, dall’altro il forte impatto dei tumori per il numero di persone che si ammalano e per i morti che ancora provocano.
Il merito dei miglioramenti va in parte attribuito alle diagnosi precoci, che permettono d’individuare una neoplasia quando è di piccole dimensioni, confinata in un solo organo e senza metastasi: più semplice da curare e con maggiori probabilità di guarigione. Un’altra ampia parte dei successi, però, si deve all’arrivo di nuove terapie e su questo fronte l’Italia ha grandi pregi e grandi criticità.
Italia fra i migliori europei per sopravvivenza e accesso ai nuovi farmaci
«Abbiamo un prezioso Sistema sanitario nazionale che va preservato, potenziato, difeso perché continui a essere universalistico davvero, cioè a curare gratuitamente, nel migliore dei modi tutti i cittadini lungo tutto la penisola — sottolinea Francesco Perrone, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) —. Siamo fra i migliori Paesi europei per sopravvivenza e per accesso ai nuovi farmaci, ma i pazienti oncologici italiani devono aspettare ancora 419 giorni, cioè più di un anno, per ricevere i medicinali innovativi dopo l’approvazione europea. I tempi di latenza negli ultimi anni si sono ridotti: 10 anni fa superavano i 2 anni, ma si può e si deve fare meglio».
In Germania, ad esempio, l’attesa si ferma a 102 giorni, in Danimarca a 145, in Austria a 267. Dal 2018 al 2021, in Europa, sono state commercializzate 46 molecole anticancro innovative. L’Italia ha garantito la disponibilità a 38 di questi nuovi farmaci, collocandosi al terzo posto dopo Germania (45) e Svizzera (41) e davanti a Francia (33), Grecia (32), Svezia (30), Olanda (29) e Spagna (26).
A quali pazienti sono riservate le terapie innovative
«Le terapie innovative sono in gran parte riservate ai pazienti con tumori in stadio avanzato o metastatici, che non hanno tratto i benefici sperati dalle cure standard — chiarisce Saverio Cinieri, presidente di Fondazione Aiom —. Malati per i quali il tempo è molto prezioso e i mesi che passano fanno la differenza per poter continuare a vivere, sperare di rendere cronica la loro malattia. Se l’utilizzo del medicinale innovativo che ha avuto il via libera europeo (dall’Ema, European Medicines Agency) non è ancora stato approvato dall’ente regolatorio del nostro Paese, cioè l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), e quindi non è rimborsato dal Ssn, la faccenda è assai complicata». In pratica la cura esiste, ma non la si può prescrivere gratuitamente e il costo di questi trattamenti è molto elevato.
Tempi di approvazione
Dall’ok europeo deve necessariamente trascorrere del tempo perché Aifa contratti con le aziende farmaceutiche il prezzo del nuovo medicinale (che verrà poi pagato dal nostro Ssn): «L’Italia è uno dei Paesi più efficienti nell’ottenere prezzi vantaggiosi e uno dei pochi a garantire le cure gratis a tutti — sottolinea Cinieri —. E la trattativa richiede tempo». Un problema in più insorge però per i successivi passaggi che in molti casi si aggiungono a livello delle 19 Regioni e 2 Province Autonome italiane «e poi persino del singolo ospedale, che, a sua volta, può inserire determinati passaggi e vincoli burocratici che possono comportare ulteriori mesi di ritardo» precisa Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom.
I Prontuari terapeutici
In 10 regioni sono ancora presenti i Prontuari Terapeutici Ospedalieri Regionali, cioè liste di farmaci prescrivibili all’interno dei vari presidi (pubblici e privati accreditati).
«I prontuari terapeutici locali, di fatto, aggiungono un gradino all’iter, già lungo, di approvazione e recepimento di un nuovo farmaco, prima che sia realmente disponibile per il paziente — puntualizza Perrone —. Questo crea disparità inaccettabili fra i malati in base all’area in cui vivono. Per questo ci auguriamo che la riforma di Aifa sia portata a termine quanto prima e che si possa successivamente arrivare all’abolizione dei Prontuari Regionali».
Procedure burocratiche
Nel frattempo, da anni, sono state messe a punto particolari norme di «early access» («accesso anticipato») per superare gli ostacoli. «Esistono regole che consentono e disciplinano la prescrizione di farmaci innovativi già approvati da Ema, ma non ancora rimborsati in Italia — conclude Di Maio —. Percorsi efficaci, ma che comportano problemi per le complesse procedure burocratiche e che implicano comunque un’attesa più o meno lunga (anche diversi mesi) per i malati. Norme che hanno tamponato per anni un problema che va però risolto semplificando i passaggi che resistono a livello regionale o, peggio ancora, del singolo ospedale».
Strategie per accelerare l’arrivo
Quali sono le attuali strategie per far arrivare prima i farmaci innovativi ai malati? «La prima è la legge 648/1996, che consente di erogare un farmaco in corso di sperimentazione clinica o con un’indicazione terapeutica diversa, essendo stato inserito in una lista approvata da Aifa — illustra Massimo Di Maio —. C’è poi il Fondo Aifa del 5% (legge 326/2003) che permette l’uso di farmaci orfani per il trattamento di patologie rare o di medicinali in attesa della messa in commercio.
C’è la legge 94/1998 che autorizza l’utilizzo off label (fuori dalle regole prescrittive ordinarie) di particolari trattamenti sotto la responsabilità di un medico e, infine, esiste la normativa sull’uso compassionevole (Decreto Ministeriale 8 maggio 2003 e D.M. 7 settembre 2017), con fornitura gratuita da parte dell’azienda farmaceutica: la richiesta viene fatta da un medico per uso nominale (cioè per un singolo paziente), che la sottopone alla valutazione del comitato etico dell’ospedale, dopo aver avuto l’ok dall’azienda produttrice».
In calo le sperimentazioni indipendenti
Perché una nuova cura arrivi al malato va superata una lunga serie di sperimentazioni per stabilirne efficacia e sicurezza. Nel 2022 sono state autorizzate 663 sperimentazioni dall’Agenzia Italiana del farmaco (Aifa) e quasi il 40% ha riguardato l’oncologia, percentuale costante negli ultimi anni, ma nel nostro Paese il finanziamento pubblico in questo settore è sottodimensionato (siamo tra i Paesi europei che investono di meno), e il numero delle sperimentazioni «no profit», cioè promosse da enti pubblici o di ricerca senza fini di lucro, è in calo. Gli studi clinici indipendenti, quelli no profit, sono scesi da 185 nel 2021 (22,6% del totale) a 98 nel 2022 (15%).
Inoltre l’Italia, con 99 ricercatori ogni 100 mila abitanti, è al quartultimo posto in Europa e ben al di sotto della media continentale (143). Mancano data manager, infermieri di ricerca, bioinformatici, esperti in revisione di budget e contratti.
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