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Sono divisi su tutto, compreso il tema delle alleanza con gli altri partiti di centrosinistra. Eppure Giuseppe Conte e Carlo Calenda si ritrovano insieme per qualche minuto nella battaglia per chiedere le dimissioni dal governo di Matteo Salvini. Tutto parte dalla mozione di sfiducia individuale annunciata già nella giornata di ieri dal leader di Azione – e ribadita anche oggi in varie interviste televisive e post sui propri profili social – nei confronti del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti dopo tutte le polemiche relative alla morte di Aleksej Navalny. “Salvini ci deve mostrare la disdetta dell’accordo con Russia Unita – aveva detto Calenda -. Se non ce la mostra presenteremo nei suoi confronti, in Parlamento, una mozione di sfiducia. È gravissimo per la sicurezza nazionale che un ministro che maneggia informazioni sensibili, riservate, possa essere formalmente ancora legato a Vladimitr Putin“.
E dire che era stato proprio lo stesso ex ministro dello Sviluppo economico a chiedere a tutte le altre forze politiche di cercare di abbassare i toni dopo il decesso del dissidente russo in occasione della fiaccolata organizzata da Calenda stessa lo scorso lunedì, invitando davanti al Campidoglio le delegazioni di tutti i partiti – sia di maggioranza sia di opposizione – con l’obiettivo di creare almeno sul tema della Russia un senso di concordia istituzionale. Invece, dopo nemmeno ventiquattro ore di tempo dalla manifestazione, tutto è cambiato per l’ex candidato a sindaco di Roma, il quale ora è intenzionato seriamente a mettere alla “sbarra” il leader della Lega in Parlamento. Nonostante poi i rapporti tra lui e Conte non sono mai stato del tutto idilliaci, giusto per utilizzare un eufemismo, il capo politico del Movimento Cinque Stelle ha deciso comunque di cogliere la palla al balzo per aggregarsi in serata alla lotta anti-Salvini: “Sì, sosteremmo la mozione di sfiducia. Ci saranno le firme dei nostri parlamentari – ha detto Conte intercettato dall’Ansa fuori da Montecitorio -. Se l’accordo è quello anticipato sui giornali, la Lega e il suo leader devono risponderne, in particolare dopo l’invasione dell’Ucraina il ripudio dell’accordo era un obbligo“.
Insomma: avversari alle urne, come dimostrato dai diversi candidati alla presidenza della Regione Sardegna che sostengono in vista del voto di domenica 24 febbraio, ma alleati contro il vicepresidente del Consiglio. Ci hanno quindi pensato i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato a rispondere per le rime ai leader di 5 Stelle e Azione. “Conte e Calenda non conoscono vergogna. Il primo è stato tutto e il contrario di tutto: sovranista con Salvini, europeista con Zingaretti, filo-cinese coi giallorossi, filo-ucraino a parole ma con voti contrari all’invio di aiuti – sottolineano Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo -. Il secondo, invece, ha perso l’ennesima occasione per dimostrarsi uomo trasformando una manifestazione in difesa dei diritti e della democrazia in uno squallido palcoscenico dai bassi fini politici. Da che pulpito arriva la proposta di sfiducia a Salvini. Prima di attaccare Salvini sul nulla si guardino almeno una volta allo specchio per ritrovare un briciolo di dignità“. Sinistra ancora una volta zittita.
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