Così le banche hanno guadagnato dalla tassa extraprofitti che avrebbe dovuto svantaggiarle

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Le banche italiane hanno guadagnato dalla tassa sugli extraprofitti voluta dal governo in estate e poi, a seguito di non poche pressioni, profondamente modificata al momento della sua conversione in legge all’interno del decreto Omnibus.

Un autentico paradosso per quella che è stata presentata da Giorgia Meloni e Matteo Salvini come una sorta di misura alla “Robin Hood”, nata con l’intento di ridistribuire una parte degli ingenti profitti realizzati dalle banche dopo la sfilza di rialzi dei tassi di interesse decisa dalla Bce con l’obiettivo di combattere l’inflazione.

Alla fine il governo ha scelto di concedere un’alternativa alle banche: invece di pagare la tassa, chi voleva poteva decidere di creare una riserva speciale non distribuibile 2,5 volte superiore all’importo dell’imposta dovuta.

Naturalmente tutte le banche nostrane hanno deciso di non pagare la tassa sugli extraprofitti e optare per il rafforzamento della propria riserva patrimoniale. Un epilogo che ha fatto gridare al flop per la misura tanto sbandierata dalla premier e dal suo vice.

La tassa sugli extraprofitti delle banche in realtà è stata un’operazione win-win per lo Stato – ha dichiarato Giorgia Meloni a inizio gennaio durante la conferenza stampa di fine anno più volte rimandata a causa del suo stato di salute – Aumentando le riserve, aumenterà il credito ai cittadini. Più si rafforza il capitale più aumenta la possibilità degli impieghi. Nel caso ci fosse l’accantonamento, comporterebbe un aumento del credito erogato. Questo comporta anche nel medio periodo che molte di quelle banche che hanno scelto di accantonare e non di pagare, verseranno più tasse della tassa sugli extraprofitti. Maggiori impiego, maggiori ricavi, maggiori tasse”.

Al momento però questa tassa sugli extraprofitti – rivendicata con orgoglio dalla presidente Meloni – sembrerebbe essere un’operazione win-win solo per le banche.

Prodigi bancari: si fanno meno crediti, ma molti più utili

Tassa extraprofitti: come le banche ci hanno guadagnato

Lo scorso 7 agosto Matteo Salvini ha annunciato – con tanto di conferenza stampa – l’approvazione da parte del Governo di un prelievo sugli extraprofitti delle banche, una misura definita dal ministro di “equità sociale”.

Per il leader della Lega con la tassa si sarebbero incassati alcuni miliardi che sarebbero serviti per dare “aiuto per i mutui delle prime case, sottoscritti in tempi diversi rispetto agli attuali, e taglio delle tasse”. A stretto giro anche Giorgia Meloni ha rivendicato la misura, assai meno apprezzata invece dal Tesoro.

Grazie anche al rialzo dei tassi di interesse da parte della Bce, si stima che nel 2023 le banche italiane abbiano realizzato degli utili netti pari a 25 miliardi. Con la tassa sugli extraprofitti il governo pensava di recuperare circa 2,5 miliardi.

Al momento però lo Stato, dopo la revisione della misura, ha incassato zero euro da questa tassa visto che tutti gli istituti hanno optato per la riserva speciale. Le banche, al contrario, avrebbero realizzato dei guadagni extra. Come? L’aumento delle riserve ha comportato un forte abbassamento dell’accantonamento sui crediti. In questo modo gli utili sono saliti, come spiegato da La Repubblica.

Proprio la nuova riserva – ha evidenziato il quotidiano -, che vale anche come argine a fronte dei rischi (e quello di credito è il maggiore) consente ora ai banchieri di limitare gli accantonamenti specifici a fronte di perdite su crediti. Sui conti 2023 delle cinque maggiori banche (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Bper, Banco Bpm) la voce accantonamenti è scesa del 47%, da 6,7 miliardi a 3,5 miliardi aggregati, pari a 3,2 miliardi di riserve in meno. Eppure i crediti deteriorati netti, come ha calcolato la First Cisl, per i cinque istituti sono scesi solo di 1,5 miliardi, l’8%. Anche il rapporto tra crediti deteriorati e totale attivo del sistema è stabile, sceso dall’1,5% all’1,4%”.

In sostanza, la tassa sugli extraprofitti invece che generare introiti per lo Stato pari a 2,5 miliardi finora avrebbe generato solo ulteriori guadagni per le banche stimate in 3-4 miliardi, con la concessione di crediti a famiglie e imprese che è invece ferma al palo. Un autentico capolavoro.

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