Come ho scoperto di essere celiaca a 51 anni

admin
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Ad un certo punto, dal niente, inizio a sentire un dolore in un punto preciso dell’addome*. Fine dei miei sintomi. Anche io lo ignoro: mi convinco che visto che sto sempre seduta a scrivere e un po’ gobba la questione sia che schiaccio l’addome. Poi parto per la vacanze, cammino, non sto mai seduta, nuoto. Il dolore rimane. Bevo vino regolarmente, e sulla base di collegamenti che faccio leggendo su internet, insieme alla mia ipocondria latente, mi convinco di avere qualcosa agli organi interni. Vengo supportata nella mia autodiagnosi da un muratore che passa a casa mia per un lavoro, riferisce gli stessi sintomi e dice che il suo epatologo gli ha detto che ha il fegato ingrossato. Smetto di bere alcol, mangio come un’asceta. Il dolore rimane. E arriviamo così a:
[La prima cosa che ho imparato: mai, mai, mai fare autodiagnosi]

Finalmente vado dal mio medico di base, che mi fa fare un’ecografia che non rileva niente. A quel punto prendo appuntamento dall’epatologo. La mia epatologa si rivela essere un medico di lunga esperienza che mi dà grande fiducia: mi dice che secondo lei non è niente, che è un dolore «posturale» (forse l’ho suggestionata io raccontandole delle mie lunghe ore al computer) e mi dice di fare delle sedute di fisioterapia posturale. Poi, visto che mi vede guardinga, mi dice che se voglio approfondire posso fare, anche a scopo di prevenzione, colonscopia e gastroscopia, e in più una serie di esami del sangue (compresa la celiachia). Amici e famigliari commentano che gli sembra un controllo esagerato, che non è niente, che è ansia, e del resto «sei sempre stata un po’ ipocondriaca». E questa è:
[La seconda cosa che ho imparato: se il tuo corpo ti manda un segnale non ignorarlo, controllalo fino in fondo, il corpo raramente mente]

Faccio gli esami del sangue, anche se il mio dolore mi sembra attutito e io mi sento leggera e felice. Sto proprio mangiando un piatto di pasta quando leggo il referto degli esami che è ha pochi dubbi: ho la celiachia (da confermare con gastroscopia). Basta che i tuoi anticorpi anti-transglutaminasi siano sopra i 10 U/ml per essere positivo e io ne ho 118. Resto scioccata per il resto della giornata, ripeto compulsivamente per tutto il pomeriggio ai miei colleghi «Sono scioccata». Mi fanno dei video per ricordare questo momento. Ma perché non avevo i sintomi della celiachia? Leggo la sera su internet che esiste la «celiachia silente», che non dà nessun sintomo e che è pure peggio perché nel frattempo, anche se non hai sintomi, i tuoi villi intestinali vanno a pallino, si atrofizzano, mentre i linfociti popolano il tuo intestino.

Scrivo a tutti i miei amici e parenti che sono celiaca. E qui si apre il grande capitolo dei commenti, che traccia una geografia di umanità decisamente variabile:
«Meglio, ora lo sai»
«Ma è possibile? Si saranno sbagliati»
«Tragedia»
«Va beh ci sono un sacco di prodotti apposta»
«Ma sarai intollerante»
«Non è che devi essere così precisa»
«Quando passa?»
«Ma la pizza ogni tanto puoi sempre mangiarla, la mia amica che è celiaca lo fa»
«Non esageriamo!»
«Ma il vino lo puoi bere?»
«Ora sarai costretta a dimagrire» (che ha vinto il primo posto nella classifica «tatto ed empatia»)

Parlo con tutti e noto che la disinformazione sull’argomento è ampia, e a volte tocca anche professionisti che non dovrebbero essere disinformati, e che mi porta a:
[La terza cosa che ho imparato: i tuoi unici interlocutori sono sempre e solo medici di nota professionalità. Tutti gli altri, ignorali]

Nel frattempo, per fare un minimo di chiarezza: la celiachia è una malattia autoimmune a carattere ereditario. Il gene che predispone alla celiachia si può attivare o meno e può attivarsi in qualsiasi momento della vita. Da quando si attiva ogni traccia – anche minima – di glutine (grano, farro, orzo e qualsiasi prodotto che contiene anche solo una traccia di cereali che hanno glutine) crea una risposta abnorme del tuo intestino e un’infiammazione che a lungo andare porta a problemi anche maggiori. Quindi non passa, non puoi mangiare la pizza ogni tanto a meno che non sia senza glutine (forse lo fa chi è intollerante), e devi stare molto, ma molto, attento alle contaminazioni di glutine se vuoi vivere sano. Puoi bere vino (non ha il glutine) e non ultimo, non dimagrisci (almeno nella fase stabile della malattia): ti puoi ingozzare di pane senza glutine, pasta senza glutine, dolci senza glutine, patate etc e diventare pure più grasso di prima.

Mi prendo il weekend per leggere tutto: la celiachia, che si cura essenzialmente non mangiando mai più glutine, nemmeno un chicco di farina che lo contiene, non è proprio una cosa da prendere alla leggera. I villi atrofizzati (per capire a che stadio sono ci vuole una gastroscopia) portano man mano alla malnutrizione, puoi avere osteoporosi e varie altre malattie non simpatiche. Nel frattempo mi iscrivo all’Associazione Italiana Celiachia. Sento al telefono un’amica celiaca da 10 anni, e le chiedo:
«Come sono quelli dell’Associazione per celiaci?»
«Boh non lo so non mi sono mai iscritta»
«Ma perché?»
«Non so, non ci ho pensato».
«Lo sai che hanno una app che ti dice scansionando il codice a barre quali sono i cibi «sì», «no» e «a rischio» e anche tutti i ristoranti e locali per celiachi?»
«Ah, utilissimo…».
«…»
Mi lascia perplessa. Le dico anche che a Milano c’è un centro dell’Ospedale Policlinico molto quotato per diagnosi e cura della celiachia, che offre la possibilità di essere sempre aggiornati e seguiti. Ovviamente la mia amica non lo sa e dal mio sconcerto nasce:
[La quarta cosa che ho imparato: se hai una malattia non sottovalutare niente, informati bene, cerca di rivolgerti ai centri migliori]

Dopo il weekend tutta contenta chiamo il Policlinico con la mia bella impegnativa per «visita gastroenterologica» e chiedo di poter prendere un appuntamento con il dottore che ha aperto il centro. Ho iniziato a scrivere questo articolo non appena ho sentito la risposta: «Il prossimo appuntamento disponibile, purtroppo, è a febbraio 2025». Ripeto, FEBBRAIO 2025: significa un’attesa di un anno e due mesi, ma con il fatto che siamo a dicembre la data dell’appuntamento suona in tutta la sua immensità: oggi siamo nel 2023, e ci vogliono due numeri in più per arrivare alla data del mio appuntamento. Nel contempo chiedo anche quanto ci vuole per colonscopia e gastroscopia: 6 mesi di attesa circa.

Ed è così che sento vacillare la quarta cosa che ho imparato, insieme a tante altre speranze, e arriva subito:
[La quinta cosa che ho imparato: vota qualcuno che abbia almeno l’idea di voler ristrutturare la sanità pubblica, sapendo che comunque non cambierà, quindi forse cambia nazione, o forse anche regione]

A metà pomeriggio, adesso in pratica, chiamo per capire quando sarebbe la disponibilità prendendo un appuntamento come privato e quanto costa: il prezzo è di 232 euro, e la data proposta è qui a un passo, lunedì prossimo alle 18.

Too be continued…

*Il dolore nel preciso punto dell’addome non è un sintomo riconosciuto della celiachia

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