che cosa sono, perché costano così tanto e come garantirle a tutti- Corriere.it

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Le terapie avanzate (terapie geniche, cellulari e di ingegneria tessutale) rappresentano una speranza di cura per tanti malati gravi senza alternative efficaci. Una rivoluzione medica che è già realtà e che oggi genera una sfida in termini di sostenibilità economica per i sistemi sanitari a causa degli alti costi di produzione. Le terapie avanzate consistono in medicinali biologici innovativi che contengono geni, cellule staminali o tessuti modificati in laboratori altamente specializzati con lo scopo di riparare quelli non funzionanti nell’organismo.

«Sono la nuova frontiera per la cura di alcune patologie rare, come Sma, cioè l’atrofia muscolare spinale, talassemia, retinite pigmentosa, immunodeficienza congenita e malattie che provocano lesioni oculari» spiega Paolo Gasparini, ordinario di genetica medica all’università di Trieste e coordinatore dei clinici presso il Comitato per le terapie avanzate dell’Agenzia europea per i medicinali.

«Sono terapie in genere “one shot”, cioè somministrate con unico trattamento, i cui benefici si manifestano progressivamente nei mesi e negli anni successivi e promettono di essere duraturi. Il costo va da circa 800mila euro fino a tre milioni a dose. I potenziali beneficiari devono avere determinate caratteristiche cliniche per accedere al trattamento. In italia si stima che possano essere qualche centinaia i pazienti eleggibili e a livello globale entro il 2030 almeno 500mila».

Car-T: quanto costano

Tra le terapie avanzate rientrano le famose Car-T, terapie personalizzate contro alcuni tipi di cancro (linfomi e leucemie aggressive) che utilizzano le cellule immunitarie del paziente (i linfociti T), che vengono estratte e corrette geneticamente per essere poi reinfuse nel corpo. «In questo caso il costo si aggira intorno ai 200-300mila euro e i beneficiari sono migliaia, sia adulti sia bambini» specifica Gasparini. Il successo è promettente.

«Le terapie avanzate possono portare alla completa guarigione del paziente o a un recupero funzionale molto elevato» sottolinea il genetista. La capacità degli Stati di far fronte alla spesa elevata per le terapie avanzate è una questione decisiva e prioritaria oggi, per scongiurare l’ipotesi di dover razionare le cure domani, trattando un numero di pazienti inferiore a quelli che ne avrebbero diritto.

Come conciliare esigenze dei pazienti e conti dello Stato

Una possibile soluzione per conciliare l’esigenza di trattare tutti i pazienti eleggibili con quella di contenere i conti pubblici arriva dall’Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari (Altems) dell’università Cattolica di Roma, che in collaborazione con l’associazione professionale Ls cube studio legale ha condotto la prima analisi economica e contabile sulle terapie avanzate, che si conclude con la proposta di istituire un fondo sperimentale ad hoc con una contabilizzazione diversa, che consenta un modello di pagamento rateizzato nel tempo e saldato al produttore soltanto se si verificano i benefici attesi.

Per capire il significato della proposta occorre fare una premessa: «La spesa pubblica si ripartisce in spesa corrente, relativa al fabbisogno di beni e servizi dell’annualità in corso, e in spesa in conto capitale, impiegata per finanziare gli investimenti. L’acquisto dei farmaci tradizionali rientra negli impegni di spesa corrente — chiarisce Mauro Marè, ordinario di Scienze delle finanze all’università della Tuscia di Viterbo e all’università Luiss di Roma, che ha fatto parte del gruppo di esperti che ha contribuito all’elaborazione dello studio —. Le terapie avanzate, invece, pur essendo somministrate una volta sola in un determinato momento e maturando costi effettivi concentrati nel primo anno, generano effetti clinici, sociali ed economici che vanno oltre la durata annuale. Migliorano la qualità di vita della persona, le consentono di tornare a scuola o al lavoro, di non ricorrere ad altri farmaci e ad altre forme di assistenza generando risparmi per il Servizio sanitario nazionale.

«Per questo motivo andrebbero valutate come un investimento, al pari di una macchina, un ponte, un’apparecchiatura, un computer, insomma come un qualsiasi bene durevole tangibile . Per evitare che possa diventare un problema per il bilancio dello Stato la spesa per le terapie avanzate deve seguire il criterio della cassa, che consente di contabilizzare le spese quando vengono effettivamente pagate a prescindere dal momento in cui sorge l’obbligo di pagamento, e non il criterio della competenza, per cui c’è un obbligo di spesa nell’esercizio in corso. In questo modo sarà possibile frazionare le risorse senza effetti negativi sul saldo di bilancio».

Americo Cicchetti, direttore generale della programmazione sanitaria del ministero della Salute, evidenzia per l’appunto che «ci sono delle rigidità di contabilizzazione statale che andrebbero superate rivedendo la classificazione della spesa per le terapie avanzate». Essendo caratterizzate da un disallineamento temporale tra costi effettivi, concentrati nel breve periodo, e benefici futuri spalmati nel corso degli anni. Nella pratica, la formula avanzata dall’Altems, per assicurare le coperture finanziarie salvando i conti pubblici si traduce con «un contratto di pagamento tra lo Stato e l’industria in cui, una volta onorata la prima rata, il restante verrà pagato dal Servizio sanitario nazionale solo ed esclusivamente se la terapia produce i benefici attesi — spiega Rosanna Sovani, partner di Ls cube studio legale —. Lo Stato, cioè, compra il valore a lungo termine della terapia. E questo approccio ben si inserisce nella discussione sulla nuova governance farmaceutica attualmente in atto a livello europeo e nel nuovo regolamento europeo sull’Health technology assessment, la metodologia di valutazione delle tecnologie sanitarie, alla quale saranno proprio le terapie avanzate a essere sottoposte per prime nel 2025. Bisogna, però, immaginare una struttura finanziaria e contabile che lo consenta, esigenza già emersa in termini più generali nei documenti redatti nel corso del G20».

In Italia, quelle in commercio e già rimborsate dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) sono 8, altre 3 risultano in classe C, cioè a pagamento, e 6 sono in corso di valutazione per la definizione di prezzo e rimborso. Nel 2022 la spesa è stata di 85,8 milioni di euro, di cui 70,3 per le sole Car-T (che mostrano infatti un consumo 5 volte superiore rispetto alle altre terapie).

L’impatto sul totale della spesa farmaceutica pubblica (23,5 miliardi) è del 3,6 per mille. Oltre l’80% della spesa è stata sostenuta utilizzando il Fondo nazionale per l’acquisto dei farmaci innovativi (di circa un miliardo di euro).

Le strutture sanitarie abilitate alla somministrazione delle terapie avanzate sono 111, distribuite in tutte le regioni, ma quelle attive sono il 60% (65). Per quanto riguarda i tempi medi di accesso, a livello nazionale si parla di circa 300 giorni, con un divario tra le regioni del Centro-Nord (281) e quelle del Sud (333).

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