Bce: con rialzi tassi soffre perdita record in 2023. E le minute e i dati affossano speranze tagli

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Le minute della Bce confermano la reticenza della presidente Christine Lagarde ad abbassare i tassi, nello stesso giorno in cui si apprende che l’istituzione ha sofferto nel corso del 2023 una perdita record, sulla scia dei rialzi dei tassi che ha continuato a lanciare essa stessa, nel 2022 e 20323, per sfiammare l’inflazione dell’area euro.

Nel frattempo, diversi dati macro hanno confermato oggi che difficilmente Lagarde darà ascolto a chi chiede da tempo tagli incisivi ai tassi per risollevare la crescita dell’economia dell’Eurozona.

Bce: tagliare tagli troppo presto più rischioso che tagliare troppo tardi

Dai verbali relativi alla prima riunione del 2023 dell’Eurotower, appena resi noti, è emerso che, secondo gli esponenti del Consiglio direttivo, “tagliare i tassi troppo presto comporterebbe un rischio maggiore rispetto a quello che si verrebbe a creare se i tagli ai tassi arrivassero troppo tardi”.

Le minute precisano che gli esponenti del Consiglio direttivo dell’Eurotower hanno riconosciuto il processo disinflazionistico in atto, dunque la ritirata della crescita dell’inflazione nell’Eurozona, tanto da considerare anche la possibilità che i rischi che incombono sull’inflazione puntino verso il basso, “specialmente nel breve termine”.

Il problema è rappresentato tuttavia proprio da queste due parole: “breve termine”.

La Bce di Lagarde ha detto infatti più volte che prioritario è assicurarsi che l’inflazione punti verso il target di medio termine del 2% in modo sostenibile, il che significa che ciò che Francoforte vuole è una discesa del ritmo di crescita dei prezzi che sia costante nel tempo.

Peccato che al momento,  così si legge nei verbali, l’outlook non sia ancora chiaro, in quanto condizionato da fattori stagionali. E questo “probabilmente complica l’interpretazione dei dati in arrivo relativi all’inflazione”.

“In più – proseguono i verbali – è stato sottolineato che riuscire a estrarre un segnale riguardo all’evoluzione di medio termine dell’inflazione dai dati che vengono pubblicati di mese in mese è soggetto a una incertezza significativa”.

Di conseguenza, “rimangono cruciali” le informazioni che la Bce può ottenere dalle “dinamiche salariali di medio termine e dalle aspettative che si formano sull’inflazione”.

Da un lato, dunque, la Bce ha certo confermato i progressi verso il basso che l’inflazione dell’Eurozona ha compiuto in questi ultimi mesi, sulla scia delle strette monetarie da essa ripetutamente lanciate:

dall’altro lato,  “sebbene l’inflazione headline si stia dirigendo verso il target dell’inflazione della Bce pari al 2%, questo stesso percorso rimane caratterizzato da una incertezza considerevole, soprattutto se si guarda al medio termine”.

Tale situazione fa sì che “la prospettiva di una inflazione che torni al target in modo tempestivo e sostenuto sia rimasta fragile” e dipendente dal concretizzarsi di alcuni assunti favorevoli.

A conferma degli attenti che fino a qualche giorno fa la presidente della Bce Christine Lagarde è tornata a lanciare, nei verbali sono state rimarcate le difficoltà dell’”ultimo miglio” della lotta contro l’inflazione, ovvero la maggiore difficoltà contro cui la banca centrale è destinata a scontrarsi rispetto alle prime fasi del ciclo di restrizione monetaria, nel cercare di riportare il trend di crescita dei prezzi all’obiettivo prefissato.

Si tratta di difficoltà che comportano anche “un rischio, dal momento che il processo veloce di disinflazione” successivo alla fine degli shock dell’offerta e gli effetti stessi della “restrizioni monetarie significative” sono destinati a smorzarsi, lasciando il posto alle “componenti domestiche dell’inflazione, che potrebbero rivelarsi più persistenti”.

Questo significa che se la Bce non manterrà il punto nella sua lotta contro l’inflazione, questa rischierà di tornare ad alzare la testa, anche perchè l’effetto dei rialzi dei tassi precedentemente annunciati, che si sta facendo ancora sentire, prima o poi si indebolirà.

Inoltre, “nuovi shock potrebbero far deragliare” l’inflazione nel percorso che sta seguendo. A tal proposito, la banca centrale ha citato l’esempio dell‘inflazione nel settore dei servizi la cui persistenza, non per niente, è emersa proprio con i dati macro pubblicati oggi.

Bce: bilancio in rosso nel 2023 con perdita record legata a rialzi tassi

La Bce non ha pubblicato oggi ‘solo’ i verbali relativi alla sua prima riunione del 2024.

Francoforte ha diffuso anche i risultati di bilancio relativi al 2023, che hanno messo in evidenza una perdita annuale record, pari a 7,9 miliardi di euro, in deciso rialzo rispetto al passivo di 1,6 miliardi di euro sofferto nel 2022.

Il motivo?

L’effetto dei rialzi dei tassi che la banca centrale ha varato nel corso degli ultimi due anni: a causa di quelle strette monetarie annunciate per salvare l’Eurozona dalla morsa dell’inflazione, la Bce è stata costretta infatti a pagare miliardi di euro alle banche.

“La perdita …. riflette il ruolo e quegli interventi di politica necessari attraverso i quali l’Eurosistema soddisfa il suo mandato principale di stabilità dei prezzi “, ha spiegato la Bce, aggiungendo che il rosso di bilancio in ogni caso “non ha un impatto sulla sua capacità di portare avanti una politica monetaria efficace”.

Al netto degli accantonamenti contro i rischi, la perdita incassata dalla Bce è stata pari a 1,3 miliardi di euro.

La banca centrale europea ha riferito in ogni caso di rimanere ben capitalizzata. Detto questo, future perdite potrebbero presentarsi anche in futuro.

“Probabilmente la Bce incorrerà in ulteriori perdite nel corso dei prossimi anni, a causa del concretizzarsi del rischio dei tassi di interesse, prima di tornare a riportare profitti sostenuti”, ha spiegato l’Eurotower.

Inflazione e Pmi euro affossano speranze trader su tagli tassi nel 2024

Oggi, giovedì 22 febbraio, prima della pubblicazione delle minute della Bce, sono stati resi noti anche diversi dati macro dell’Eurozona.

Occhio in particolare agli indici PMI e CPI del blocco, che si sono affiancati alla pubblicazione degli indici Pmi di Francia e Germania.

La carrellata di dati, che ha confermato la persistenza di una inflazione ancora elevata e la resilienza dei fondamentali dell’economia del blocco, ha portato i trader a rivedere al ribasso le scommesse sui tagli ai tassi da parte della Bce, previsti per il 2024.

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Se è vero che la crisi della Germania ha affossato il Pmi manifatturiero, il Pmi Composite dell’Eurozona si è confermato infatti in miglioramento, sebbene in fase di contrazione, in quanto a un valore inferiore ai 50 punti: il dato è salito comunque al valore più alto degli ultimi otto mesi.

Questo, a fronte di una inflazione misurata dall’indice dei prezzi al consumo CPI che, nel mese di gennaio, è stata confermata, con la lettura finale, al ritmo di crescita pari a +2,8%.

Nessun cambiamento rispetto alla lettura preliminare neanche per l’indice CPI core, confermato in rialzo del 3,3%.

Il quadro ha portato i trader a scommettere su una quantità di tagli ai tassi di 25 punti base da parte della Bce di Christine Lagarde inferiore a quattro fino alla fine del 2024, rispetto a quelle ben sette sforbiciate su cui i mercati avevano scommesso alla fine del 2023.

I mercati monetari, ha riportato un articolo di Bloomberg, hanno rivisto al ribasso anche le speculazioni su una riduzione dei tassi nella riunione di aprile ad appena il 30%, scommettendo a questo punto sulla prima sforbiciata soltanto nella riunione di giugno.

Il repricing delle aspettative si è tradotto in un rialzo dell’euro che, nei confronti del dollaro Usa, è scattato fino a $1,0888, al valore più alto dal 2 febbraio scorso, prima di ridurre i guadagni attorno a $1,0850.

La pubblicazione dei dati macro è stata un altro duro colpo per chi auspica da tempo il dietrofront sui tassi da parte della Bce, poche ore dopo, tra l’altro, la diffusione negli Stati Uniti delle minute della Fed relative alla prima riunione di quest’anno del Fomc, il braccio di politica monetaria della banca centrale americana guidata dal presidente Jerome Powell.

Va detto che le scommesse sull’arrivo di tagli imminenti da parte della Bce si sono smorzate comunque da un po’ di tempo, complici anche i diversi attenti che la numero uno dell’Eurotower Christine Lagarde ha lanciato contro la minaccia dell’inflazione.

Gli ultimi dati arrivati oggi dal fronte macro hanno azzoppato però ulteriormente le speranze delle colombe.

Le speculazioni sui tagli complessivi previsti per quest’anno si sono così affievolite che ormai i mercati credono che i tassi dell’Eurozona saranno tagliati quest’anno di meno di 1 punto percentuale, il che significa che, per i cittadini, l’angoscia per le rate sui mutui considerate troppo alte rimarrà.

Tra l’altro, già dall’ultimo bollettino della Bce era emerso che “per il primo trimestre del 2024 le aspettative delle banche dell’area dell’euro” avevano indicato “un aumento dell’inasprimento netto dei criteri per la concessione di mutui per l’acquisto di abitazioni”.

E la carrellata di informazioni arrivata oggi ha reso ancora meno probabile quella grande svolta della politica monetaria dell’Eurotower su cui mercati e cittadini avevano tanto scommesso.

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