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MILANO – Troppe macchine, pochi acquirenti. Dopo anni di crescita esplosiva persino il principale mercato di veicoli elettrici, la Cina, mostra evidenti segni di rallentamento. È quanto mette in evidenza un articolo del Wall Street Journal che sottolinea come il rallentamento della domanda interna stia spingendo i colossi nazionali del settore, ampiamente sussidiati dal governo, a sfidare i giganti globali del settore automotive.
Una decelerazione, quella del mercato cinese, figlia da un lato del parziale venir meno del sostegno pubblico all’industria, dall’altra da una riduzione delle spese dei consumatori, che ha finito per alimentare una feroce guerra a colpi di prezzi in Cina che ha coinvolto decine di start-up di veicoli elettrici e aziende stranieri come Tesla. Il risultato – evidenza il Wsj – è che molti produttori cinesi di veicoli elettrici hanno bruciato denaro per conquistare quote di mercato. E nonostante l’aumento delle vendite, molti non sono ancora riusciti a realizzare uprofitti e alcuni rischiano ora persino di dover ricorrere a nuove iniezioni di capitale.
La frenata delle vendite lascia così un’industria ad affrontare un problema di sovraccapacità produttiva. Secondo una stima di Bernstein Research, tra il 2023 e il 2025 le case automobilistiche cinesi dovrebbero aumentare la produzione di cinque milioni di auto, la maggior parte delle quali veicoli elettrici. E nello stesso periodo si prevede che le vendite di veicoli elettrici in Cina cresceranno di circa 3,7 milioni.
Il caso Byd
La sola Byd, punta di diamante delle case automobilistiche cinesi sostenuta anche da Warren Buffett, a dicembre ha raggiunto nella sola Cina una capacità produttiva di quattro milioni di auto all’anno: un milione in più di quelle vendute nel 2023. È naturale quindi che l’azienda guardi sempre di più al mercato estero e abbia piani ambiziosi per aumentare le vendite oltreconfine nei prossimi anni, compreso l’acquisto di navi per trasportare le auto in Europa. Quest’anno il suo primo stabilimento estero, in Uzbekistan, ha cominciato a consegnare vetture all’estero e un secondo in Thailandia comincerà le consegne a luglio. Non sono: l’azienda si prepara ad aprire altre due fabrbiche in Brasile e in Ungheria e valluta la possibilità di costruirne uno in Messico, orientato al mercato americano.
L’Europa minacciata
Un’espansione fortemente incoraggiata dal governo di Pechino che ha già messo in allarme i costruttori europei. “In Cina c’è una chiara sovraccapacità e questa sovraccapacità sarà esportata. Soprattutto se la sovraccapacità è alimentata da sussidi diretti e indiretti”, ha dichiarato alla fine dello scorso anno la presdiente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. A settembre – ricorda il Wsj – la Commissione ha avviato un’indagine antisovvenzioni contro le case automobilistiche cinesi, tra i timori che le potenze automobilistiche europee possano essere danneggiate proprio dai concorrenti cinesi
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