“Aumentano i ricoveri per problemi a cuore e polmoni”

admin
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L’esposizione a breve e lungo termine all’inquinamento atmosferico da polveri fini Pm2,5 è associata a un maggior rischio di ricovero per gravi malattie cardiache e respiratorie e non esiste una soglia di inquinanti che si possa considerare “sicura per la salute di cuore e polmoni”. È quanto emerge da due studi americani pubblicati sul British Medical Journal.I ricercatori nel primo studio hanno collegato i livelli medi giornalieri di Pm2,5 ai codici postali di residenza di quasi 60 milioni di adulti statunitensi over 65 dal 2000 al 2016 e, attraverso dati Medicare, hanno monitorato i ricoveri in ospedale di questa popolazione su una media di 8 anni. Correggendo l’analisi, tenendo conto di fattori economici, sanitari e sociali, gli autori hanno osservato che l’esposizione media al Pm2,5 nell’arco di 3 anni era associata a un aumento delle probabilità di un primo ricovero per 7 tipi di patologie cardiovascolari: cardiopatia ischemica, malattia cerebrovascolare, insufficienza cardiaca, cardiomiopatia, aritmia, cardiopatia valvolare, aneurismi dell’aorta toracica e dell’aorta addominale. Nel dettaglio, rispetto a esposizioni al Pm2,5 pari o inferiori a 5 µg/m3, esposizioni comprese tra 9 e 10 µg/m3 erano collegate a un +29% del rischio di ricovero per patologie cardiovascolari. Su scala assoluta, le probabilità di ospedalizzazione sono aumentate dal 2,59% con esposizioni pari o inferiori a 5 µg/m3 al 3,35% con esposizioni di 9-10 µg/m3. “Ciò significa che, se riuscissimo a ridurre i livelli di Pm2,5 annuale sotto a 5 µg/m3, potremmo evitare il 23% dei ricoveri per malattie cardiovascolari” sottolineano gli scienziati.

Nel 2021 l’Organizzazione mondiale della sanità ha aggiornato le linee guida sulla qualità dell’aria, raccomandando che i livelli medi annuali di particolato Pm2,5 non dovrebbero superare i 5 microgrammi per metro cubo (µg/m3) e che le concentrazioni medie di Pm2,5 nelle 24 ore non dovrebbero superare i 15 µg/m3 per più di 3-4 giorni all’anno. Stando allo studio, con l’adesione alle linee guida Oms si potrebbero ottenere “benefici sostanziali”, ma “i risultati – avvertono i ricercatori – suggeriscono che non esiste una soglia” di smog “sicura per l’effetto cronico del Pm2,5 sulla salute cardiovascolare generale”. I danni cardiovascolari sono persistiti per almeno 3 anni dopo l’esposizione al Pm2,5 e la suscettibilità variava in base a età, istruzione, accesso ai servizi sanitari e deprivazione dell’area di residenza.

Nel secondo studio, gli scienziati hanno considerato le concentrazioni giornaliere di Pm2,5 a livello di contea e i dati relativi alle richieste mediche, per monitorare i ricoveri ospedalieri e gli accessi al pronto soccorso per cause naturali, malattie cardiovascolari e respiratorie di 50 milioni di adulti americani over 18 dal 2000 al 2016. Durante il periodo di osservazione, sono stati registrati oltre 10 milioni di ricoveri e 24 milioni di visite in pronto soccorso. L’indagine ha rilevato come l’esposizione a breve termine al Pm2,5, anche a concentrazioni inferiori a quelle fissate dall’Oms, sia associata in modo statisticamente significativo a tassi di ricovero più elevati per cause naturali, patologie cardiovascolari e respiratorie, nonché ad accessi al pronto soccorso per cause naturali e malattia respiratoria.

“Questi nuovi dati – concludono i ricercatori – rappresentano un prezioso riferimento per futuri standard nazionali sull’inquinamento atmosferico”.

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