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Nel 2021 l’Organizzazione mondiale della sanità ha aggiornato le linee guida sulla qualità dell’aria, raccomandando che i livelli medi annuali di particolato Pm2,5 non dovrebbero superare i 5 microgrammi per metro cubo (µg/m3) e che le concentrazioni medie di Pm2,5 nelle 24 ore non dovrebbero superare i 15 µg/m3 per più di 3-4 giorni all’anno. Stando allo studio, con l’adesione alle linee guida Oms si potrebbero ottenere “benefici sostanziali”, ma “i risultati – avvertono i ricercatori – suggeriscono che non esiste una soglia” di smog “sicura per l’effetto cronico del Pm2,5 sulla salute cardiovascolare generale”. I danni cardiovascolari sono persistiti per almeno 3 anni dopo l’esposizione al Pm2,5 e la suscettibilità variava in base a età, istruzione, accesso ai servizi sanitari e deprivazione dell’area di residenza.
Nel secondo studio, gli scienziati hanno considerato le concentrazioni giornaliere di Pm2,5 a livello di contea e i dati relativi alle richieste mediche, per monitorare i ricoveri ospedalieri e gli accessi al pronto soccorso per cause naturali, malattie cardiovascolari e respiratorie di 50 milioni di adulti americani over 18 dal 2000 al 2016. Durante il periodo di osservazione, sono stati registrati oltre 10 milioni di ricoveri e 24 milioni di visite in pronto soccorso. L’indagine ha rilevato come l’esposizione a breve termine al Pm2,5, anche a concentrazioni inferiori a quelle fissate dall’Oms, sia associata in modo statisticamente significativo a tassi di ricovero più elevati per cause naturali, patologie cardiovascolari e respiratorie, nonché ad accessi al pronto soccorso per cause naturali e malattia respiratoria.
“Questi nuovi dati – concludono i ricercatori – rappresentano un prezioso riferimento per futuri standard nazionali sull’inquinamento atmosferico”.
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